Style magazine, November issue: "Come va in borsa?" a fashion essai styled by Luca Roscini, photographed by Toni Thorimbert.
Qualche tempo fa avevo tirato fuori, per la cover di Riders, il Tamron 500mm, era abbastanza ovvio che mi venisse voglia di rimettere in pista il mio Nikon 20mm, altro obbiettivo estremo e grande amore della mia gioventù. Caratterino difficile e modi bizzosi, il 20mm è brutto. Tutto è a fuoco sempre e se non sei "in bolla" (e non lo sei mai) tutte le linee della tua inquadratura diventano cadenti e sembrano delirare in preda a qualche droga psichedelica.
In più, quando scatti, dimenticati di riuscire controllare tutto quello che c'è in giro nei bordi del tuo mirino. Il 20mm è una specie di camion della pattumiera che dove passa tira su tutto. Hai voglia metterti lì a combattere. Il 20 è forte. Come un riottoso cavallo di razza, testone e bastardo, l'unica maniera di domarlo, e divertirsi, è dargli la via e cercare di essere almeno pazzo quanto lui.
Il 20 è un fatto fisico. Meglio non stare tanto a guardarci dentro, meglio buttarsi nella scena, assecondando l'istinto e il ritmo del momento, scattare tanto, e cercare di tenere il polso in bolla. 1000 foto faranno veramente schifo, ma quelle che vengono, ti ripagano.
Style magazine
November Issue
"Come va la borsa?"
Styled by Luca Roscini
Photographed by Toni Thorimbert
Style Fashion director: Alessandro Calascibetta.
Grooming Michele Qureshi/Freelancer.
Backstage photography by Giorgio Serinelli.
"Come va in borsa?" has been shot the 12th September 2011 in Piazza Affari, Milano.
The sculpture pictured @ page #7 is by Maurizio Cattelan.
Click on the pictures to enlarge.
More from the October issue of Riders magazine: Andrea Dovizioso.
E' Domenica 23 Ottobre, sera.
E' un giorno molto triste: Marco Simoncelli è morto in pista a Sepang, questa mattina.
Doveva esserci anche lui, in queste foto con Andrea.
Erano un po' tanto rivali, loro due - l'idea era di fotografarli come grandi-bambini, o bambini - grandi, con le loro minimoto originali, quelle di quando si correvano contro da piccoli.
Sapevamo che difficilmente avrebbero accettato di scattarle insieme - stesso posto, stesso momento - così avevamo deciso di farli uno per volta, poi montare il servizio e magari fare anche un fotomontaggio per l'apertura. Ma poi - problemi vari - Sic le foto non le ha fatte.
Ho anche pensato di non metterlo questo post.
Poi, spero sarete d'accordo, ho deciso di pubblicarlo, esattamente come era già pronto e scritto, in memoria di Marco, e in onore di Andrea.
La nebbia. E proprio non capivo. E meno capivo, più aprivo. Aprivo e il bianco ormai spappolava la diapositiva. Per forza, i flash sul fondo li tenevo tre, quattro, anche cinque diaframmi più potenti della luce sul soggetto.
Erano altri tempi, diciamo gli inizi degli anni ’80. Pochi ci capivano veramente qualcosa, e le foto uscivano sul giornale così, tutte velate.
Un disastro.
Il bello è che poi, a come fare un bianco decente non ci sono mica arrivato da solo, grazie ad un mio ragionamento, ma me lo dovette spiegare, se non ricordo male, proprio un assistente di Toscani: “ quattro diaframmi? ma sei pazzo? ma basta un terzo di stop, ma anche meno! “
Ah...grazie...
Comunque sono sempre stato intignato con il bianco. Mi piaceva e mi piace ancora molto. Quando ho iniziato, lo vedevo usare molto da Toscani, naturalmente. Un bel bianco che aveva, appunto, pochissimo “ritorno”. Sul soggetto usava l’anulare o una luce più morbida, alla Benetton per intenderci, luce che faceva con un grande bank sopra la macchina (- sopra – è un eufemismo- il bordo del bank doveva toccare praticamente la lente della Mamiya 6X7) e un pannello riflettente sotto.
Un bel bianco contrastato e brillante lo faceva anche Bill King: i modelli erano scatenati: saltavano, ballavano. Bello.
Ecco, forse il punto è proprio quello. Cioè, se usi il bianco, lì davanti deve succedere qualcosa.
Secondo me, il fondo bianco ti dice inequivocabilmente: Questa foto è “finta”. E’ una messa in scena.
Ma in cambio ti dice anche: però quello che vedi, il soggetto, è assolutamente reale.
Per questo, la luce naturale in ombra, quella di Avedon di “In The American West” è quella che mi piace di più, e che infatti uso spesso: Tecnicamente (meno male) è semplice: devi "solo" trovare un muro rivolto a nord e metterci il fondale. Punto.
Trovo che il fondo bianco con l’ombra è proprio un’altra cosa. Può essere Ok, ma non dice assolutamente la stessa cosa.
Lo usava Herb Riits, per esempio. Metteva una parete bianca sul tetto di casa sua, a West Hollywood, in piena luce del pomeriggio. Fotografie elegantissime: bianco perfetto e ombra nettissima. Terry Richardson fa un bianco “moderno” e indubbiamente succedono molte cose davanti alla parete bianca del suo studio, ma l’ombra portata del flashetto, ti sta dicendo: “Sai, eravamo qua 'sto pomeriggio, ci siamo messi lì, abbiamo fatto un pò di cazzate e anche un pò di foto”.
Con l’ombra, il fondo, diventa uno sfondo. Non è più un “limbo”, che per definizione, è luogo di passaggio, territorio indefinito dove gli equilibri sono precari, il destino incerto e il tempo perde il suo spessore terreno.
Il limbo è il luogo della solitudine - e non importa in quanti siamo - lì sei sempre solo, anche tu che scatti.
Se il bianco è banale non perdona – si vede.
Sul bianco devi essere un po' più onesto. Non ti puoi aggrappare a molto. L'ombra non c'è, non c’è l'inquadratura: Devi per forza trovare profondità, empatia, un nesso tra gli elementi, e sopratutto un nesso tra te e il tuo soggetto.
Un piccolo semplice teatro di emozioni e sentimenti, sospeso tra la vita e la morte.
Riders magazine
October issue.
"Come ai vecchi tempi"
Andrea Dovizioso photographed by Toni Thorimbert.
Photo editor: Stefania Molteni.
Written by Moreno Pisto.
Photographic assistance and backstage photography: Giorgio Serinelli.
Assistant: Davide Farabegoli.
Click on the pictures to enlarge.
E' un giorno molto triste: Marco Simoncelli è morto in pista a Sepang, questa mattina.
Doveva esserci anche lui, in queste foto con Andrea.
Erano un po' tanto rivali, loro due - l'idea era di fotografarli come grandi-bambini, o bambini - grandi, con le loro minimoto originali, quelle di quando si correvano contro da piccoli.
Sapevamo che difficilmente avrebbero accettato di scattarle insieme - stesso posto, stesso momento - così avevamo deciso di farli uno per volta, poi montare il servizio e magari fare anche un fotomontaggio per l'apertura. Ma poi - problemi vari - Sic le foto non le ha fatte.
Ho anche pensato di non metterlo questo post.
Poi, spero sarete d'accordo, ho deciso di pubblicarlo, esattamente come era già pronto e scritto, in memoria di Marco, e in onore di Andrea.
La nebbia. E proprio non capivo. E meno capivo, più aprivo. Aprivo e il bianco ormai spappolava la diapositiva. Per forza, i flash sul fondo li tenevo tre, quattro, anche cinque diaframmi più potenti della luce sul soggetto.
Erano altri tempi, diciamo gli inizi degli anni ’80. Pochi ci capivano veramente qualcosa, e le foto uscivano sul giornale così, tutte velate.
Un disastro.
Il bello è che poi, a come fare un bianco decente non ci sono mica arrivato da solo, grazie ad un mio ragionamento, ma me lo dovette spiegare, se non ricordo male, proprio un assistente di Toscani: “ quattro diaframmi? ma sei pazzo? ma basta un terzo di stop, ma anche meno! “
Ah...grazie...
Comunque sono sempre stato intignato con il bianco. Mi piaceva e mi piace ancora molto. Quando ho iniziato, lo vedevo usare molto da Toscani, naturalmente. Un bel bianco che aveva, appunto, pochissimo “ritorno”. Sul soggetto usava l’anulare o una luce più morbida, alla Benetton per intenderci, luce che faceva con un grande bank sopra la macchina (- sopra – è un eufemismo- il bordo del bank doveva toccare praticamente la lente della Mamiya 6X7) e un pannello riflettente sotto.
Un bel bianco contrastato e brillante lo faceva anche Bill King: i modelli erano scatenati: saltavano, ballavano. Bello.
Ecco, forse il punto è proprio quello. Cioè, se usi il bianco, lì davanti deve succedere qualcosa.
Secondo me, il fondo bianco ti dice inequivocabilmente: Questa foto è “finta”. E’ una messa in scena.
Ma in cambio ti dice anche: però quello che vedi, il soggetto, è assolutamente reale.
Per questo, la luce naturale in ombra, quella di Avedon di “In The American West” è quella che mi piace di più, e che infatti uso spesso: Tecnicamente (meno male) è semplice: devi "solo" trovare un muro rivolto a nord e metterci il fondale. Punto.
Trovo che il fondo bianco con l’ombra è proprio un’altra cosa. Può essere Ok, ma non dice assolutamente la stessa cosa.
Lo usava Herb Riits, per esempio. Metteva una parete bianca sul tetto di casa sua, a West Hollywood, in piena luce del pomeriggio. Fotografie elegantissime: bianco perfetto e ombra nettissima. Terry Richardson fa un bianco “moderno” e indubbiamente succedono molte cose davanti alla parete bianca del suo studio, ma l’ombra portata del flashetto, ti sta dicendo: “Sai, eravamo qua 'sto pomeriggio, ci siamo messi lì, abbiamo fatto un pò di cazzate e anche un pò di foto”.
Con l’ombra, il fondo, diventa uno sfondo. Non è più un “limbo”, che per definizione, è luogo di passaggio, territorio indefinito dove gli equilibri sono precari, il destino incerto e il tempo perde il suo spessore terreno.
Il limbo è il luogo della solitudine - e non importa in quanti siamo - lì sei sempre solo, anche tu che scatti.
Se il bianco è banale non perdona – si vede.
Sul bianco devi essere un po' più onesto. Non ti puoi aggrappare a molto. L'ombra non c'è, non c’è l'inquadratura: Devi per forza trovare profondità, empatia, un nesso tra gli elementi, e sopratutto un nesso tra te e il tuo soggetto.
Un piccolo semplice teatro di emozioni e sentimenti, sospeso tra la vita e la morte.
Riders magazine
October issue.
"Come ai vecchi tempi"
Andrea Dovizioso photographed by Toni Thorimbert.
Photo editor: Stefania Molteni.
Written by Moreno Pisto.
Photographic assistance and backstage photography: Giorgio Serinelli.
Assistant: Davide Farabegoli.
Click on the pictures to enlarge.
"Rigore e sentimento". A fashion essai for Io Donna magazine. Styled by Silvia Meneguzzo, photographed by Toni Thorimbert.
Qui sotto alcune belle immagini dal backstage:
E per chi proprio non ne ha mai abbastanza, il video:
IO Donna
"Rigore e sentimento"
Styled by Silvia Meneguzzo
Assisted by Rebecca Giulia Pupilella
Photographed by Toni Thorimbert
Hair: Gianluca Guaitoli.
Make up: Roman Gasser
Models:
Oxana G. IMG
Bogdana Y. Next
Backstage photography and video: Giorgio Serinelli.
Edited by Maria Alonzo.
Click on the pictures to enlarge.
Candela and the CR&S DUU on the cover: Riders, October issue.
Per fare questa cover ho riesumato dall'armadio delle macchine analogiche un vecchio Tamron 500mm a specchio che usavo con le mie Nikon F2 e F3.
Obbiettivo bellissimo. non costava troppo, faceva, (e fa ancora) i riflessi ad anello. E’ compatto, leggero.
Molto più caldo e morbido del Nikon originale. Come tutti gli obbiettivi a specchio ha un solo diaframma: 8.
Mi sono sempre piaciuti gli obbiettivi un po' estremi. Il 20, il 500. Armi da guerra li chiamo. Non perchè si usano per la foto di guerra, ma perchè, se non li usi come si deve, ti fai male.
Il 500 lo usava ogni tanto William Klein. Guardavo questo suo libro: Tokyo.
E’ quasi tutto fatto con il 20mm e poi verso la fine queste “telate” pazzesche con il 500. Tutto a fuoco – tutto sfuocato.
Il problema è che vibra.
Volevamo un fondale fatto di solo asfalto, dorato dalla luce del tramonto.
Abbiamo messo la Canon sul cavalletto scocciato in cima ad una scala.
Era abbastanza stabile, ma se scattavo dalla macchina, bastava la pressione del dito – Clik – veniva mossa.
Poi ero veramente lontano, era difficile dirigere Candela.
Così, abbiamo fatto una specie di triangolo che si parlava a gesti, o a grida: Scatta!!!! Ora!!!Vaiii: Stefania Molteni, photo editor, le scattava dal bottone sul computer, Giorgio, il mio assistente, stava in cima alla scala a mettere a fuoco, guardare le cose da lì, proteggere la lente dal controluce con una bandiera, e io stavo, a quasi cento metri, vicino a Candela, appena fuori dall’inquadratura, le dicevo dove guardare, la posa.
Qui sotto le altre immagini, queste fatte con obbiettivi più "normali"...
Qui sotto immagini dal backstage:
Il cavalletto in cima alla scala nella via di fuga della curva 1 del nuovo autodromo di Modena. Il cartone sul tavolo è una protezione, "do it yourself", dalla luce per il computer.
Qui si vede bene la distanza dal soggetto. Il furgone di fianco alla moto e a Candela serve come un grande pannello riflettente bianco.
Al centro, vicino a Stefania Molteni, Giovanni Cabassi, uno degli artefici del progetto CR-S DUU.
Come per tutti i veri piloti, una "umbrella girl" per Candela.
Riders
October issue.
"La nuda verità"
A test ride of the CR-S DUU.
Photographed by Toni Thorimbert.
Photo editor: Stefania Molteni.
Written by Roberto Ungaro.
Model: Candela Pelizza Tricarico Novembre. ( Next )
Backstage photography by Maria Alonzo and Giorgio Serinelli.
Click on the pictures to enlarge.