Qualche tempo fa, al Festival di Savignano, l' amico Chico De Luigi mi ha fatto un grande, bellissimo regalo: una foto - stampa originale - di Mario Giacomelli.
Sono rimasto senza parole. letteralmente.
Così ho chiesto a Matteo Oriani, un altro grande amico, di metterci le parole giuste e raccontarci questa immagine.
"Questo ricordo lo vorrei raccontare".
Il sogno è un formidabile strumento per esplorare il subconscio ed immergersi in sè stessi. Osservando questa fotografia, così carica di simboli visionari, sembrerebbe che Giacomelli abbia rappresentato un suo sogno.
E invece no, non è esattamente così.
Questa fotografia fa parte della serie "Questo ricordo lo vorrei raccontare (1998-2000), dove "vorrei" sta per "mi piacerebbe poterlo fare", che Giacomelli ha realizzato dopo la malattia e dopo una operazione chirurgica. In quel periodo Giacomelli si è dedicato a costruire dei teatrini per mettere in scena dei sogni immaginari così da poter dare libero sfogo all'autoanalisi.
Proviamo allora ad entrare in questa visione e a coglierne i significati.
Lo sfondo è una campagna immota, senza tempo, testimone silenziosa delle vicende terrene. Ad essa fa da contraltare la scena costruita da Giacomelli: sulla sinistra c'è un cane nero, seduto. Gli antichi egizi rappresentavano il dio che aveva il compito di proteggere ed accompagnare l'anima nel viaggio nell'aldilà, con un ominide con la testa di cane nero, Anubi (o Upuat "colui che apre la strada"). Questo dio è lo spirito che protegge e guida, è il guardiano del territorio, dove per territorio si può intendere il sè interiore. Poi ci sono alcune case, probabilmente abbandonate dai contadini non più disposti a lavorare la terra.
In queste case si sono vissute e consumate molte vite, nascite, morti, passioni, dolori e gioie. Le case sono quindi testimoni e custodi dei ricordi della vita che non c'è più (Giacomelli adorava visitare le vecchie case abbandonate dai contadini nelle campagne) e diventano la scenografia perfetta per il viaggio nel subconscio.
Osservate come i muri, ora neri ora bianchi, facciano da sfondo a elementi ora bianchi ora neri, a contrasto. I pupazzi sono osservatori/protagonisti. Osservano la scena ed al tempo stesso ne fanno parte. Siamo noi, ovvero rappresentano l'osservatore che si immerge nel racconto. Come nei sogni noi siamo protagonisti e spettatori allo stesso tempo o cambiamo ruolo a seconda delle visioni.
Quando sognamo siamo lì, quì, dentro e fuori.
E poi c'è lui: Giacomelli faceva anche autoscatti.
Sembra che questo personaggio incanutito voglia uscire dalla scena. Sembra che scavalchi con un certo affanno per raggiungere la strada. Vabbè, la strada, facile interpretazione: cammino, percorso, direzione, fuga, viaggio...
Più interessante è il piccione sulla destra che è l'altro "elemento" in movimento nella scena. Il piccione è un animale che viaggia e che torna sempre indietro. Giacomelli, che si muoveva di rado dalla sua terra ma viaggiava lontano con la mente, ne era affascinato.
Sarebbe meraviglioso se nelle scuole si studiasse l'opera di Giacomelli. È uno degli esempi più fulgidi dell'uso della macchina fotografica non come strumento della tecnica, ma come strumento della mente.
Matteo Oriani.
Mario Giacomelli
Senigallia, 1 Agosto 1925 - 25 Novembre 2000
A tredici anni, entra come ragazzo di bottega in una tipografia di Senigallia, della quale diventerà proprietario. Comincia a fotografare solo nel 1954 da autodidatta.
www.mariogiacomelli.it
Matteo Oriani è un fotografo.
Colto ed acuto osservatore delle immagini e delle menti che le producono.
Insieme a Raffaele Origone forma il duo professionale Oriani-Origone.
Nelle loro foto danno vita ad oggetti altrimenti inanimati.
Sono felice di annunciare che con questo pezzo Matteo Oriani inaugura la sua collaborazione a questo Blog.
Click on the picture to enlarge.
Matteo Oriani numero uno.
RispondiEliminaToni Thorimbert numero uno.
Per essere veramente perfetti vi manca uno stronzo: eccomi!!!
;-)
Toni hai fatto benissimo ad aprire la porta a Matteo, come dice Settimio siete 2 number 1
RispondiEliminaSe volete anche un coglione mi aggrego :-)
Ciao Toni, sono contento di vedere qui uno scatto di Giacomelli. Ho avuto l'onore di conoscerlo(tutto vestito di viola con la sua folta chioma canuta) a Sinigallia presso la sua attività. Produceva,allora, uno scatto per noi. Se penso con che atrezzatura scattava e i risultati che otteneva mi viene la pelle d'oca. Sempre piacevole seguirti.A presto.
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