The Collector's Choice.


I nomi ci sono tutti, o quasi: C’è la triade: Gursky, Struth, Ruff.
Appena entri c’è proprio una sua "fototessera" gigante. Un ritratto dell’1989. Se non lo vedi grande com’è, cioè 210X165 cm non lo puoi intendere. Perché, ok, non è proprio una fototessera, ma ci va molto vicino. Ma con queste foto Ruff ha rimescolato, da un giorno all’altro, tutta la pratica del ritratto e delle sue intenzioni. La guardo così grande e vera e per la prima volta mi piace. Ci ho messo vent’anni ma alla fine forse l’ho capita.  
Gursky è due metri per due ottanta. Ha una stanza tutta per sé.
La foto è la vista dall'alto di un campo di calcio mentre alcuni operai stendono il manto erboso. Anche qui "size matters", direi.
Mi ricorda Edward Hopper. Nei cataloghi ok, è fantastico, ma se lo vedi dal vero capisci l’incredibile idea, per l’epoca, di dipingere un enorme quadro di un tipo che spazza per terra. La dimensione ti costringe ad una ri-lettura del contenuto dell’opera.
Devi essere al cospetto di Gursky. E del suo ormai enorme valore commerciale.
Vado a vederla da vicino vicino, ma non ricevo risposte migliori, vedo solo dei pixels.
Di Cindy Sherman ci sono le foto che io adoro e che tanto hanno influenzato la fotografia di moda, i “film stills”, le stampe sono piccole. E’ una bella sala, ma la loro qualità, in originale è un pochino deludente. Si possono amare benissimo anche sui suoi libri.
C’è tanto Matthew Barney, se non sembrasse antipatico direi che le cornici sono bellissime. Ma va visto, ovviamente, ed è tutto così ben fatto, ben illuminato, ben architettato, ben confezionato. Mi piace molto una serie di hostess in bianco e nero che guardano dagli oblò. E poi tanti altri: Thomas Demand, che ricostruisce una sala riunioni in scala 1:1 e la ri-fotografa mentre James Casebere ricostruisce e ri-fotografa un intero paesaggio suburbano americano. Richard Prince, il ladro di immagini. Peccato qui non ci sono le mie favorite, quelle delle pubblicità dei cow-boy della Marlboro, Collier Schorr, Un light-box di Jeff Wall, Barbara Kruger, “Talk is Cheap” , Philip Lorca di Corcia: Head #1, il bellissimo video di Fischli & Weiss del gattino che lecca il latte.
Ma il colpo al cuore, a me lo danno le stampe di Larry Clark. Io non so se le avete mai viste dal vero, io no. Non quelle di Tulsa. Che meraviglia. Valgono assolutamente il viaggio a Modena. Sono allestite nelle stanzette che ospitavano le mie, in occasione della mostra “Due” nel 2009. Sono stampe in bianco e nero formato 30X40, belle belle belle. Belle da piangere. Magari si “faceva” Larry Clark, ma i suoi rulli, li sviluppava bene. Mi fa pensare a Keith Richard, completamente fatto, che suona la chitarra da Dio. Non sai cosa fare, con quelle foto. Mi muovo irrequieto da una all’altra, ritorno a guardarle, vorrei toccarle, possederle.
Ecco, possederle, proprio come ha fatto la Patrizia Sandretto. Beata lei, le foto sono sue, ma almeno ha condiviso.
Grazie!

The Collector's Choice 
Opere dalla Collezione Sandretto Re Rebaudengo 

A cura di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.


Fondazione Fotografia Modena, 
Ex Ospedale Sant'Agostino 
12 maggio - 22 Luglio 2012

In alto: Larry Clark
Tulsa 1968

Ultima ora: La mostra è stata chiusa perchè, dati i recenti terremoti che hanno colpito L'Emilia Romagna, la sede non era più considerata sicura per l'incolumità delle opere e delle persone.

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2 commenti:

  1. Larry Clark è dirompente. Azzeccatissimo il paragone con Keith Richards; le note di uno e le fotografie dell'altro ti entrano letteralmente "dentro", come una fucilata in pieno petto. Forse è proprio vero che i "geni" - a prescindere dalla disciplina in cui si esprimono - spesso sono quelli che bruciano la propria vita stando sempre sul confine.

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