Anche se qualche fotografia c’era, malamente appesa, il Photoshow non c’entra niente con le immagini.
Qui si parla di “hardware”, di tecnica, di obbiettivi, di macchine fotografiche.
Qui è il trionfo dell’oggetto, della performance potenziale.
Quando la “passione per la fotografia” si concretizza nel feticismo per la fotocamera, per il mezzo.
Molti appassionati passeggiano tra gli stand con la macchina al collo, la esibiscono un po' come un trofeo o la “provano” scattando fotografie ad improbabili balletti di ragazze un po’ scosciate.
Ci sono stato un paio d’ore. Mi sono bastate a fare diverse cose: Incontrare qualche amico, fare queste interviste, uscirne un po’ malinconico.
Il Photoshow mi ha ricordato il Mi-Sex. Altra fiera dedicata al corpo.
Corpo esibito, corpo da ammirare, da desiderare, da toccare, persino, ma totalmente privo di significato emotivo. Il corpo come luogo di frustrante desiderio e passione, corpo come merce, fine a se stesso.
Il corpo-macchina.
Con Efrem Raimondi, fotografo e co-autore di TABULARASA, (il libro su Vasco Rossi uscito a Natale con Mondadori) abbiamo deciso di fare qualche intervista proprio su questo tema e, armati di Iphone, abbiamo fatto la domanda chiave: Di che sesso è la macchina fotografica?
Although there were some pictures, badly hung, the Photoshow has nothing to do with images.
Here we talk about "hardware", technique, lenses, cameras. Here is the triumph of the object, of the potential performance. Here the "passion for photography" takes the form of a fetish for the camera, for the medium.
Many amateurs walk through the stands with their camera around the neck, they show it off like a trophy or "try it" taking pictures of girls "dancing" in skimpy clothes. I have been there for a couple of hours. Enough to do several things: meet a couple of friends, do these interviews, leave somehow melancholic. The Photoshow reminded me of the Mi-Sex. Another exhibition dedicated to the body. A body shown off, a body to admire, to desire, to even touch, but totally devoid of emotional significance. The body as a place of frustrated desire and passion, the body as an object, an end to itself. A mechanical body, the camera-body. With Efrem Raimondi, photographer and co-author of TABULARASA, (the book of Vasco Rossi out on Christmas, edited by Mondadori), we decided to do some interviews on this topic and, using our iPhones, we asked the key question: What sex is your camera?
Marco (e Chiara)
TT: Secondo te la macchina fotografica è maschio o femmina?
È sicuramente femmina perché è un po’ capricciosa!
Si...Mi sa che è un po’ una “lei”.
TT: Gli hai dato un nome?
No.
TT: Che rapporto ha la tua ragazza con la tua macchina?
Lei ha la sua, io ho la mia. Oppure io sto dietro alla macchina e lei davanti.
Marco (and Chiara)
TT: Do you think the camera is male or female?
It is surely female because it is a little whimsical! Yes... I think it is a "she".
TT: Have you given it a name?
No.
TT: How does your girlfriend relate to the camera?
She has hers, I have mine. Otherwise I shoot and she poses.
Stefano
TT: La macchina fotografica come un maschio o una femmina?
Non ha sesso. Forse più maschio…Perché è un po’ come guidare l’auto.
Stefano
TT: The camera is male or female?
It has no sex. Perhaps more male... Because it is mostly like driving a car.
Alfredo
TT: Secondo te la macchina fotografica cos’è?: Maschio o femmina?
La considero femmina perché possiede una maggiore creatività.
TT: Faresti cambio con una macchina fotografica identica alla tua ma nuova?
No.
TT: Perché?
Perché credo che si tratti di un rapporto affettivo con l’oggetto.
Alfredo
TT: What do you think the camera is? Male or female? I consider it female because it has a great creativity.
TT: Would you change it with a camera identical to yours but new?
No.
TT: Why?
Because I think it's like having a loving relationship with the object.
Patrizio
TT: Sei un amatore o professionista?
Sono un fotoamatore.
TT: Secondo te la macchina fotografica è maschio o femmina?
Di sicuro è una femmina perché ha bisogno di essere coccolata.
TT: Te ne do una identica alla tua ma nuova, accetti il cambio?
No!
Patrizio
TT: Are you an amateur or a professional?
I am an amateur photographer.
TT: What do you think, is the camera male or female?
For sure it is a female because she needs to be cuddled.
TT: If I gave you a new one but identical to yours, would you agree?
No!
Pierluigi
TT: Pensi che la macchina fotografica sia maschio o femmina?
È un maschio perché la vedo come uno strumento che ti dà un certo potere.
Ti dà una certa importanza. Un modo di "fissare" le cose.
Rita
TT: Maschio o femmina?
L’ho sempre pensata al femminile.
TT: Se ti proponessi di cambiare la tua macchina fotografica con una identica alla tua?
Non accetterei perché ci sono affezionata.
Pierluigi
TT: What do you think, is the camera male or female?
It's a male because I see it as a tool that gives you a certain power. It gives you a certain importance. A way to "fix" things.
Rita
TT: Male or female?
I always thought it's a female.
TT: If I proposed to exchange your camera with one identical to yours?
I would not accept because I am attached to it.
Gaetano
TT: La macchina fotografica è femmina o maschio?
Neutra, perché fa di tutto.
TT: Quindi è asessuata?
No,no!!! è sessuatissima! Fa di tutto, appunto.
TT: ah, ok...Fa tutto da sola?
Nooo, l’accompagno!
Gaetano
TT: Is the camera female or male?
Neutral, it does everything.
TT: So it is asexual?
No, no! It is certainly sexuated! It does everything, in fact.
TT: Oh, ok... Does it do all on its own?
Nooo, I help her!
Mena
TT: La macchina fotografica è maschio o femmina?
È un maschio.
TT: Perché?
Ha l’obbiettivo, quindi la vedo più penetrante.
Può penetrare tutta la realtà….e poi...ti può piacere!
Mena
TT: Is the camera male or female?
It's a male.
TT: Why?
It has the lens, so I see it more as penetrating. It can penetrate the whole reality... plus… you may like it!
Gabriele
TT: Ritieni la macchina fotografica maschio o femmina?
Potrebbe essere femmina, anche se poi ha una forte caratteristica maschile, per esempio, l’obbiettivo.... Direi che è ermafrodita!
Gabriele
TT: Do you think the camera is male or female?
It may be female, even if it has strong masculine features, for example, the lens... I would say it is a hermaphrodite!
Yuri
TT: Sei un amatore o un professionista?
Professionista.
TT: Consideri la macchina fotografica femmina o maschio?
Preferisco che sia femmina…perché la uso!
TT: Se ti proponessi di cambiare la tua macchina fotografica con una identica, ma nuova?
Non avrebbe senso…comunque, dai...più no che si.
Yuri
TT: Are you an amateur or a professional?
A professional.
TT: Do you consider the camera female or male?
I prefer it to be female... because I use it!
TT: If I proposed to exchange your camera with one identical to yours, but new?
It would not make sense... Anyway, my reply is more a no than a yes.
Enrico
TT: La macchina fotografica è maschio o femmina?
Femmina, perché è come una compagna.
TT: Faresti cambio con una macchina identica alla tua ma nuova?
No, no, perché non cambierebbe nulla.
Enrico
TT: Is the camera male or female?
Female, because it is like a companion.
TT: Would you change it with one identical to yours but new?
No, no, because nothing would change.
Emanuele
TT: La macchina fotografica è maschio o femmina per te?
Femmina, perché è la mia bambina.
TT: E se ti dessi in cambio una macchina fotografica identica alla tua, nuova di zecca, accetteresti?
No, mai. Non la cambierei.
Emanuele
TT: To you the camera is male or female?
Female, because it is my baby.
TT: And if I gave you a camera identical to yours, but new, would you accept?
No, never. I would not change it.
Marco
TT: La macchina fotografica è maschio o femmina?
Femmina assolutamente perché... è una vecchia puttanella.
TT: Se ti do una macchina fotografica identica alla tua ma nuova, faresti cambio?
Si, subito.
TT: Come mai?
Perché...insomma...le puttanelle si trattano così.
Marco
TT: Is the camera male or female?
Absolutely female, because ... it is an old bitch.
TT: If I gave you a camera identical to yours but new, would you exchange it?
Yes, immediately.
TT: Why?
Because... well... bitches must be treated like that.
Francesca
TT: La macchina fotografica è maschio o femmina?
E’ maschio, perché è un occhio...Un occhio che guarda, e gli uomini devono guardare le donne.
Francesca
TT: Is the camera male or female?
It's a male, because it is an eye... An eye that looks, and men should look at women.
Non sottovaluterei queste - pur semplici - risposte, c'è riassunto tutto il kamasutra del nostro feticismo fotografico. E queste sono solo le mie, quelle di Efrem, pure migliori, le trovate sul suo blog a questo link:
http://blog.efremraimondi.it/?p=3526
Do not underestimate these - even simple - answers, they summarize the entire kamasutra of our fetishism on photography. And these are just mine, those of Efrem, even better, can be found on his blog at this link:
http://blog.efremraimondi.it/?p=3526
Translation by Francesca Stella.
Click on the pictures to enlarge.
"Le cinque vite di Lisetta Carmi": she is a great woman, and this is a great book!
“Accade solo ciò che deve accadere”
Chao-Hsiu Chen.
“Lisetta carmi è una donna davvero speciale, concreta e spirituale, generosa e disponibile, che sa esattamente quello che fa e quello che vuole ma aperta a ogni possibile nuova idea.”
GC.
Lisetta è sempre stata un mito per me.
A metà degli anni settanta mentre ero studente di fotografia, Giovanna Calvenzi, la nostra prof, ci portò da vedere “I travestiti”, il suo libro capolavoro.
Le sue fotografie erano piene di una umanità che mai si era vista. Non era reportage, era amore.
Più di trent’anni dopo proprio Giovanna mi ha chiesto di incontrare e fotografare Lisetta nella sua casa di Cisternino, in Puglia, per contribuire ad illustrare questo libro, piccolo di formato, ma grandissimo per l’amore che contiene.
Così la vita mi ha dato anche questo privilegio.
Lisetta ha quasi novant’anni oggi. Dice che ha avuto cinque vite. Dice che questa è la sua ultima reincarnazione. E io le credo.
Quando mi parla spesso mi tiene per mano, e sono felice.
Su Lisetta Carmi bisognerebbe scrivere un libro.
Meno male Giovanna l’ha fatto.
“Una fotografia non è mai esistita nella mia testa prima dello scatto, io vedo ciò che c’è, vibro con con ciò che c’è, amo ciò che c’è, mi emoziono vedendo ciò che c’è.”
Lisetta Carmi.
In copertina, una foto da "I travestiti". Scattato a Genova, Lisetta ha lavorato su questo progetto per circa sei anni / On the cover, a photo from "The Transvestites". Taken in Genoa, Lisetta worked on this project for about six years.
La prima vita di Lisetta: Enfant prodige del pianoforte/ The first life of Lisetta: child prodigy of the piano.
La copertina del libro "I travestiti". La grafica era di Giancarlo Iliprandi / The cover of the book " The Transvestites". Graphics by Giancarlo Iliprandi.
Qui sopra e sotto, immagini da "I travestiti" ( 1965-1971) / Above and below, images from "The Transvestites" (1965-1971)
Un ritratto di Ezra Pound del 1966 / A portrait of Ezra Pound, 1966
Belfast, Irlanda. 1975 / Belfast, Ireland. 1975
Un ritratto di Babaji. India, 1977. L'incontro con il grande maestro spirituale sarà determinante per la vita di Lisetta / A portrait of Babaji. India, 1977. The encounter with the great spiritual master will be crucial for the life of Lisetta.
Lisetta Carmi fotografata da Babaji / Lisetta Carmi photographed by Babaji.
Lisetta all'Ashram di Cisternino da lei fondato. lo scatto è di Claudio Vitale, fotografo, mio assistente negli anni '90 / Lisetta at the Ashram she founded in Cisternino. The shot is by Claudio Vitale, photographer, assistant of mine in the 90s.
Il mio ritratto di Lisetta. Cisternino, 2011 / My portrait of Lisetta. Cisternino, 2011.
"Credo nel sole anche quando non splende, credo nell'amore anche quando non lo sento" / "I believe in the sun even when it is not shining, I believe in love even when I do not feel it."
Giovanna Calvenzi and Lisetta Carmi, Milano, 24 march 2013. Photographed by Toni Thorimbert.
Le cinque vite di Lisetta Carmi
Giovanna Calvenzi
Bruno Mondadori
Euro 18,00
English translation:
"Only what has to happen, happens."
Chao-Hsiu Chen.
"Lisetta Carmi is a special woman indeed, practical and spiritual, generous and friendly, who knows exactly what she does and what she wants but is open to any possible new idea."
G.C.
Lisetta has always been a myth for me.
In the mid-seventies, when I was a student of photography, Giovanna Calvenzi, our teacher, brought for us to see "The Transvestites", her masterpiece book.
Her photographs were full of a humanity that was never seen before. It was not reportage, it was love.
More than thirty years later, Giovanna herself asked me to meet and photograph Lisetta at her home in Cisternino, Puglia, to contribute to illustrate this book, small in size but great for the love it contains.
Thus life also gave me this privilege.
Lisetta is almost ninety years old now. She says she had five lives. She says this is her last reincarnation. And I believe her.
When she speaks to me she often holds my hand, and I'm happy.
A book on Lisetta Carmi should be written.
Luckily Giovanna did.
"A photograph never existed in my head before shooting, I see what’s there, I vibrate with what’s there, I love what’s there, I get excited seeing what's there."
Lisetta Carmi
Translation by Francesca Stella.
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Workshop > Thorimbert > Fondazione Fotografia Modena > 6/7 April 2013
"L'Esperienza del ritratto"
Workshop con Toni Thorimbert
6/7 Aprile 2013
Fondazione Fotografia
Modena
Nel sito della Fondazione Fotografia lo descrivono così:
"Tema centrale del workshop di Thorimbert, è l’intensità del rapporto che lega fotografo e soggetto nella fotografia di ritratto.
Thorimbert ha dedicato la sua carriera professionale e la sua ricerca personale ed artistica a fotografare esseri umani - dalle modelle dei servizi di moda ai personaggi della cultura e dello spettacolo, dai protagonisti del mondo della musica alle persone comuni - ed ogni scatto è stato, prima ancora di trasformarsi in una fotografia, una vera e propria esperienza condivisa.
Il workshop offre l’occasione di sperimentare la fotografia di ritratto come esperienza relazionale spingendo i partecipanti a mettersi in gioco in prima persona.
La parte teorica – divisa tra un approfondimento del tema e la lettura dei portfolio – servirà ad introdurre la sessione pratica in cui i partecipanti realizzeranno fotografie di ritratto nello spazio di un set fotografico."
Perfetto.
In più io dico: "Nei miei workshop non insegno fotografia, ma attraverso la fotografia promuovo l'unica vera necessità di ogni artista: accettare fino in fondo se stesso"
Non è proprio una passeggiata, ma ne vale la pena.
Ultimi posti disponibili.
per informazioni ed iscrizioni:
http://www.fondazionefotografia.it/it/activity/workshop/lesperienza-del-ritratto-1/
To know a little more about Toni Thorimbert portrait photography:
http://tonithorimbert.tumblr.com/
English translation:
"The Experience of portrait"
Workshop with Toni Thorimbert
April 6/7, 2013
Fondazione Fotografia
Modena
The Fondazione Fotografia's website describes it like this:
"The central theme of Thorimbert's workshop is the intensity of the relationship between photographer and subject in portrait photography.
Thorimbert has dedicated his professional career and his personal and artistic research to photograph human beings - from the models of fashion editorials to celebrities of culture and entertainment, from the protagonists of the world of music to ordinary people - and every shot, before turning into a photograph, was an out-and-out shared experience.
The workshop offers the opportunity to experience portrait photography as a relational experience, pushing the participants to get involved themselves.
The theoretical part - split between a discussion of the topic and the reading of portfolios - will serve to introduce the practical session, in which the participants will take portrait pictures within a photo set."
Perfect.
In addition, I say: "In my workshops I do not teach photography, but through photography I promote the only real necessity of an artist: to fully accept himself."
It's not really a bed of roses, but it's worth it.
Last available places.
For information and registration:
http://www.fondazionefotografia.it/it/activity/workshop/lesperienza-del-ritratto-1/
Click on the picture to enlarge.
I am proud to be the number 100.
Alessandra Tecla Gerevini è una mia amica.
Giovane fotografa. Brava, intimista, poetica, allegra.
Si è innamorata di un tipo che vive in America. Fortunatamente non le danno il visto, così è costretta a stare un po' di tempo anche con noi, qui in Italia.
Tra le mille cose che fa, e tra quelle che non fa, ha un blog dove presenta la giovane fotografia italiana.
Agli autori fa un'intervista che somiglia molto a lei: un po' campata per aria, ma bella.
Il blog si chiama Aurora fotografi.
Scrive Tecla:
"Ci sono fotografi che colgono il silenzio di una stanza, la solitudine di una strada, l'amore per la vita negli occhi di una donna, l'amore per l'amore tra le pieghe del suo corpo nudo, il calore di un sorriso in pareti bianche striate dal sole dell'alba, la paura di restare soli in un campo silenzioso coperto di neve, esorcizzano la morte fotografando i propri visi deformati.
Parlano di se stessi ma parlano di tutti gli altri. Per tutti gli altri.
Nell'eterna rincorsa del tempo che scappa e li lascia doloranti, con la macchina tra le mani e il cuore incrinato."
Mi ha chiesto di essere il fotografo N° 100 e di questo vado molto fiero.
Volevo fare qualcosa di speciale.
Ho preso dall'archivio le mie foto di moda preferite e ho composto dei dittici con immagini tratte da altri percorsi: Dal mio libro "Tranfert", ( Baldini&Castoldi, 2000) da "Simulacri", la mia mostra alla Fondazione Fotografia di Modena (2009) e per la prima volta ho provato a metterle insieme.
Il risultato lo vedete, in parte, qui sotto.
Altre immagini e l'intervista a questo link:
http://www.aurorafotografi.com
English translation:
Alessandra Tecla Gerevini is a friend of mine.
Young photographer. Good, intimist, poetic and cheerful.
She fell in love with a guy who lives in the US. Luckily she wasn't given the visa, so she is forced to spend some time with us, here in Italy.
Among the thousand things she does, and among those she doesn't do, she has a blog where she presents the young Italian photography.
The interview she does to the authors is very much like her: a bit airy-fairy, but nice.
The blog is called Aurora photographers.
Tecla writes:
"There are photographers who capture the silence of a room, the loneliness of a street, the love for life in the eyes of a woman, the love for love between the folds of her naked body, the warmth of a smile in white walls streaked by a setting sun, the fear of being left alone in a quiet snow-covered field, they exorcise death by photographing their faces distorted. They talk about themselves but speak of all the others. For all others. In the eternal chase for time that runs away and leaves them aching, with the camera in their hands and a cracked heart."
She asked me to be the photographer #100 and I'm very proud of this.
I wanted to do something special.
I took my favorite fashion photos from the archive and I composed some diptychs with images taken from other projects: from my book "Tranfert" (Baldini & Castoldi, 2000), from "Simulacri", my exhibition at the Fondazione Fotografia of Modena (2009) and for the first time I tried to put them together.
More pictures and the interview at this link:
http://www.aurorafotografi.com
Aurora Fotografi
Un blog di Alessandra Tecla Gerevini/ A blog by Alessandra Tecla Gerevini
To know more about Alessandra:
http://www.alessandragerevini.com
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Giovane fotografa. Brava, intimista, poetica, allegra.
Si è innamorata di un tipo che vive in America. Fortunatamente non le danno il visto, così è costretta a stare un po' di tempo anche con noi, qui in Italia.
Tra le mille cose che fa, e tra quelle che non fa, ha un blog dove presenta la giovane fotografia italiana.
Agli autori fa un'intervista che somiglia molto a lei: un po' campata per aria, ma bella.
Il blog si chiama Aurora fotografi.
Scrive Tecla:
"Ci sono fotografi che colgono il silenzio di una stanza, la solitudine di una strada, l'amore per la vita negli occhi di una donna, l'amore per l'amore tra le pieghe del suo corpo nudo, il calore di un sorriso in pareti bianche striate dal sole dell'alba, la paura di restare soli in un campo silenzioso coperto di neve, esorcizzano la morte fotografando i propri visi deformati.
Parlano di se stessi ma parlano di tutti gli altri. Per tutti gli altri.
Nell'eterna rincorsa del tempo che scappa e li lascia doloranti, con la macchina tra le mani e il cuore incrinato."
Mi ha chiesto di essere il fotografo N° 100 e di questo vado molto fiero.
Volevo fare qualcosa di speciale.
Ho preso dall'archivio le mie foto di moda preferite e ho composto dei dittici con immagini tratte da altri percorsi: Dal mio libro "Tranfert", ( Baldini&Castoldi, 2000) da "Simulacri", la mia mostra alla Fondazione Fotografia di Modena (2009) e per la prima volta ho provato a metterle insieme.
Il risultato lo vedete, in parte, qui sotto.
Altre immagini e l'intervista a questo link:
http://www.aurorafotografi.com
English translation:
Alessandra Tecla Gerevini is a friend of mine.
Young photographer. Good, intimist, poetic and cheerful.
She fell in love with a guy who lives in the US. Luckily she wasn't given the visa, so she is forced to spend some time with us, here in Italy.
Among the thousand things she does, and among those she doesn't do, she has a blog where she presents the young Italian photography.
The interview she does to the authors is very much like her: a bit airy-fairy, but nice.
The blog is called Aurora photographers.
Tecla writes:
"There are photographers who capture the silence of a room, the loneliness of a street, the love for life in the eyes of a woman, the love for love between the folds of her naked body, the warmth of a smile in white walls streaked by a setting sun, the fear of being left alone in a quiet snow-covered field, they exorcise death by photographing their faces distorted. They talk about themselves but speak of all the others. For all others. In the eternal chase for time that runs away and leaves them aching, with the camera in their hands and a cracked heart."
She asked me to be the photographer #100 and I'm very proud of this.
I wanted to do something special.
I took my favorite fashion photos from the archive and I composed some diptychs with images taken from other projects: from my book "Tranfert" (Baldini & Castoldi, 2000), from "Simulacri", my exhibition at the Fondazione Fotografia of Modena (2009) and for the first time I tried to put them together.
More pictures and the interview at this link:
http://www.aurorafotografi.com
Aurora Fotografi
Un blog di Alessandra Tecla Gerevini/ A blog by Alessandra Tecla Gerevini
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Matteo Oriani > Alex Webb
Alex Webb è un super-fotografo di strada, un reporter di primo piano della agenzia Magnum.
Descrive se stesso come uno che cammina e cammina con la macchina al collo.
Arriva sul posto, perlustra, indaga, aspetta. Incontra persone, ci parla e osserva ancora, attendendo il momento giusto, sempre alla ricerca di qualcosa di inatteso e sconosciuto proprio dietro l'angolo.
Ogni tanto scopre un lato nascosto delle cose che conosce già.
Nel suo lavoro, l'uso compositivo delle ombre è semplicemente meraviglioso: Webb le usa per nascondere dettagli superflui e distraenti per l'ordine delle cose, enfatizzando con la luce gli aspetti significativi:
Le sue foto sono immagini affollate, piene, ma sembrano scattate un istate prima che succeda il caos.
Si è tanto parlato della potenza dei colori nelle sue fotografie e delle situazioni drammatiche ed intense che ha colto al confine tra USA e Messico.
Ma c'era qualcosa che mi sfuggiva in tante sue fotografie.
Ho impiegato ages per capire cosa.
Le ho guardate, confrontate, lasciate lì, riprese il giorno dopo.
Niente.
Poi ho fatto una selezione con un criterio apparentemente casuale, le ho stampate e le ho messe giù per terra.
E'ancora il modo migliore per leggere le fotografie.
E ho capito. Non era così difficile..
La maggior parte delle foto di Webb hanno un elemento che divide a metà l'inquadratura.
E' un escamotage compositivo che permette al fotografo di dare un certo ordine alla narrazione visiva.
E' la traccia da seguire per leggere immagini molto articolate e ricche di situazioni che, insieme, danno forma a sceneggiature piuttosto complesse.
Riflettevo su questo fenomeno della divisione tra un'immagine “sinistra” e un'immagine “destra”.
Mi è venuta in mente una cosa che potrebbe avere un senso. Rimane una mia personale lettura, sicuramente opinabile, ma spero interessante.
Esiste una speciale tecnica che viene usata per aver accesso ad un livello molto profondo dell'inconscio, per rielaborare e sbloccare ricordi traumatici.
E' l'EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari).
Secondo questa teoria il movimento degli occhi destra-sinistra, stimola i due emisferi cerebrali mettendoli in comunicazione tra loro, risvegliando e rielaborando ricordi, sensazioni, esperienze.
Ecco: mi sembra che, in queste fotografie “divise a metà”, ci sia un livello in più da scoprire, un livello più profondo.
C'è qualcosa di ancestrale in queste immagini.
Webb, fotografando la vita reale, le situazioni, gli avvenimenti, va ben al di là della semplice narrazione.
Webb vede, riconosce, crea archetipi in cui tutti noi possiamo vederci e riconoscerci.
Poi c'è questa foto che mi ha emozionato:
Here is a special photo that I’d like to share:
Confine tra Stati Uniti d'America e Messico.
Le speranze di uomini in cerca di una vita migliore svaniscono.
L'espressione dell'uomo più anziano è straziante: sconfitto e rassegnato cerca lontano la sua meta, ormai inarrivabile, nel sole che tramonta insieme ai suoi sogni.
USA. San Ysidro, California. 1979. Mexicans arrested while trying to cross the border to United States.
The vanishing hope of men seeking a better life.
The expression on the face of the older man is excruciating. Defeated and resigned, he looks toward his destination, no longer reachable, as the sun sets on his dream.
Matteo Oriani.
Editor at large, The blog behind the images.
Matteo Oriani è un fotografo.
Colto ed acuto osservatore delle immagini e delle menti che le producono.
Insieme a Raffaele Origone forma il duo professionale Oriani-Origone.
Nelle loro foto danno vita ad oggetti altrimenti inanimati.
Matteo Oriani is a photographer.
A cultured and acute observer of pictures and the minds behind them.
He and Raffaele Origone form the professional duo Oriani-Origone.
Their photos give life to otherwise inanimate objects.
English Translation:
Alex Webb (1952) is a super street-photographer, a member of Magnum Photos since 1976.
“I only know how to approach a place by walking. For what does a street photographer do but walk and watch and wait and talk, and then watch and wait some more, trying to remain confident that the unexpected, the unknown, or the secret heart of the known awaits just around the corner.”
His compositional use of shadow is simply divine: Webb uses it to hide superfluous and distracting details. Contrariwise, he uses light to emphasize significant parts.
His pictures are crowded and full, seemingly taken just a moment before chaos breaks out.
Much has been said about the power of color in his photographs and the intense, dramatic situations he has chronicled on the US-Mexican border.
But there was something else in his photos that I couldn’t put my finger on.
It took me ages to figure out what it was.
I looked and compared. I left them there, took a break, and studied them again the day after.
I couldn’t find what it was.
Then I made a random selection, printed them, and laid them out on the floor.
That’s still the best way to read photographs.
Then I saw it. It wasn’t difficult.
Most of Webb’s photos have an element that divides them in two parts, left and right.
It’s a compositional tool that allows the photographer to give an order to the story.
It’s a guideline that helps us interpret complex pictures that are full of micro-situations. Together, they form scenes of layered interpretation.
I was thinking about this phenomenon of division between one picture on the right and one on the left.
Something came to mind that might make sense. It’s just my personal, debatable approach, but I hope it’s interesting.
There is a special technique that psychotherapists use to access a deep-lying level of the subconscious in order to unblock and reprocess traumatic memories.
It’s called EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing). By moving the eyes right and left, the two hemispheres of the brain are stimulated to connect with each other, offering the possibility of re-elaborating memories, feelings and experiences.
To me, Webb’s photos that are divided in two seem to contain an extra, deeper level, asking to be uncovered, like an ancestral memory.
In his portrayal of daily life, situations and events, Webb goes well beyond straightforward narration.
He sees, recognizes and creates archetypes in which all of us can see ourselves.
All pictures: Alex Webb/Magnum.
To know more:
http://www.magnumphotos.com/C.aspx?VP3=CMS3&VF=MAGO31_10_VForm&ERID=24KL53Y_H
Click on the pictures to enlarge.
Descrive se stesso come uno che cammina e cammina con la macchina al collo.
Arriva sul posto, perlustra, indaga, aspetta. Incontra persone, ci parla e osserva ancora, attendendo il momento giusto, sempre alla ricerca di qualcosa di inatteso e sconosciuto proprio dietro l'angolo.
Ogni tanto scopre un lato nascosto delle cose che conosce già.
Nel suo lavoro, l'uso compositivo delle ombre è semplicemente meraviglioso: Webb le usa per nascondere dettagli superflui e distraenti per l'ordine delle cose, enfatizzando con la luce gli aspetti significativi:
Le sue foto sono immagini affollate, piene, ma sembrano scattate un istate prima che succeda il caos.
Si è tanto parlato della potenza dei colori nelle sue fotografie e delle situazioni drammatiche ed intense che ha colto al confine tra USA e Messico.
Ma c'era qualcosa che mi sfuggiva in tante sue fotografie.
Ho impiegato ages per capire cosa.
Le ho guardate, confrontate, lasciate lì, riprese il giorno dopo.
Niente.
Poi ho fatto una selezione con un criterio apparentemente casuale, le ho stampate e le ho messe giù per terra.
E'ancora il modo migliore per leggere le fotografie.
E ho capito. Non era così difficile..
La maggior parte delle foto di Webb hanno un elemento che divide a metà l'inquadratura.
E' un escamotage compositivo che permette al fotografo di dare un certo ordine alla narrazione visiva.
E' la traccia da seguire per leggere immagini molto articolate e ricche di situazioni che, insieme, danno forma a sceneggiature piuttosto complesse.
Riflettevo su questo fenomeno della divisione tra un'immagine “sinistra” e un'immagine “destra”.
Mi è venuta in mente una cosa che potrebbe avere un senso. Rimane una mia personale lettura, sicuramente opinabile, ma spero interessante.
Esiste una speciale tecnica che viene usata per aver accesso ad un livello molto profondo dell'inconscio, per rielaborare e sbloccare ricordi traumatici.
E' l'EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari).
Secondo questa teoria il movimento degli occhi destra-sinistra, stimola i due emisferi cerebrali mettendoli in comunicazione tra loro, risvegliando e rielaborando ricordi, sensazioni, esperienze.
Ecco: mi sembra che, in queste fotografie “divise a metà”, ci sia un livello in più da scoprire, un livello più profondo.
C'è qualcosa di ancestrale in queste immagini.
Webb, fotografando la vita reale, le situazioni, gli avvenimenti, va ben al di là della semplice narrazione.
Webb vede, riconosce, crea archetipi in cui tutti noi possiamo vederci e riconoscerci.
Poi c'è questa foto che mi ha emozionato:
Here is a special photo that I’d like to share:
Confine tra Stati Uniti d'America e Messico.
Le speranze di uomini in cerca di una vita migliore svaniscono.
L'espressione dell'uomo più anziano è straziante: sconfitto e rassegnato cerca lontano la sua meta, ormai inarrivabile, nel sole che tramonta insieme ai suoi sogni.
USA. San Ysidro, California. 1979. Mexicans arrested while trying to cross the border to United States.
The vanishing hope of men seeking a better life.
The expression on the face of the older man is excruciating. Defeated and resigned, he looks toward his destination, no longer reachable, as the sun sets on his dream.
Matteo Oriani.
Editor at large, The blog behind the images.
Matteo Oriani è un fotografo.
Colto ed acuto osservatore delle immagini e delle menti che le producono.
Insieme a Raffaele Origone forma il duo professionale Oriani-Origone.
Nelle loro foto danno vita ad oggetti altrimenti inanimati.
Matteo Oriani is a photographer.
A cultured and acute observer of pictures and the minds behind them.
He and Raffaele Origone form the professional duo Oriani-Origone.
Their photos give life to otherwise inanimate objects.
English Translation:
Alex Webb (1952) is a super street-photographer, a member of Magnum Photos since 1976.
“I only know how to approach a place by walking. For what does a street photographer do but walk and watch and wait and talk, and then watch and wait some more, trying to remain confident that the unexpected, the unknown, or the secret heart of the known awaits just around the corner.”
His compositional use of shadow is simply divine: Webb uses it to hide superfluous and distracting details. Contrariwise, he uses light to emphasize significant parts.
His pictures are crowded and full, seemingly taken just a moment before chaos breaks out.
Much has been said about the power of color in his photographs and the intense, dramatic situations he has chronicled on the US-Mexican border.
But there was something else in his photos that I couldn’t put my finger on.
It took me ages to figure out what it was.
I looked and compared. I left them there, took a break, and studied them again the day after.
I couldn’t find what it was.
Then I made a random selection, printed them, and laid them out on the floor.
That’s still the best way to read photographs.
Then I saw it. It wasn’t difficult.
Most of Webb’s photos have an element that divides them in two parts, left and right.
It’s a compositional tool that allows the photographer to give an order to the story.
It’s a guideline that helps us interpret complex pictures that are full of micro-situations. Together, they form scenes of layered interpretation.
I was thinking about this phenomenon of division between one picture on the right and one on the left.
Something came to mind that might make sense. It’s just my personal, debatable approach, but I hope it’s interesting.
There is a special technique that psychotherapists use to access a deep-lying level of the subconscious in order to unblock and reprocess traumatic memories.
It’s called EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing). By moving the eyes right and left, the two hemispheres of the brain are stimulated to connect with each other, offering the possibility of re-elaborating memories, feelings and experiences.
To me, Webb’s photos that are divided in two seem to contain an extra, deeper level, asking to be uncovered, like an ancestral memory.
In his portrayal of daily life, situations and events, Webb goes well beyond straightforward narration.
He sees, recognizes and creates archetypes in which all of us can see ourselves.
All pictures: Alex Webb/Magnum.
To know more:
http://www.magnumphotos.com/C.aspx?VP3=CMS3&VF=MAGO31_10_VForm&ERID=24KL53Y_H
Click on the pictures to enlarge.
"Cosa succede in città", the cover making of.
1985
Mi ricordo quasi più di Guido Elmi che di Vasco.
Comunque arrivarono solo loro due, in via Decembrio 26 a Milano.
Il mio studio, se così vogliamo chiamarlo, era ricavato come un grande soppalco nell’androne del palazzo. Elmi, tutto nero, con un cappotto lungo. Vasco così come lo vedete nella foto. Non c’erano cambi di vestiti, allora.
Elmi aveva dei trasferelli. Con quelli faceva la grafica dei dischi.
Io non avevo assistente. Scattavo con un banco ottico 10x12.
Quindi probabilmente Vasco o Elmi dovettero aiutarmi con le borse e i cavalletti.
Andammo a piedi in via Pietro Colletta, alla fine della via. Lì c’era il grande muro di cinta della Brown Boveri, una fabbrica di tram e roba del genere. Roba grossa.
Usai sicuramente un flash per illuminare Vasco, ma che tipo di flash proprio non ricordo. Non c’erano ancora i potenti flash a batteria, quindi probabilmente era uno portatile scocciato in cima a un cavalletto. Non credo che Elmi lo tenesse in mano.
Una luce, tra l’altro, che non facevo allora e che mai più ho fatto dopo. Luce del giorno più flash - non era tanto il mio genere.
Facemmo quattro o sei scatti e sicuramente uno o due Polaroid.
Poi andammo a bere un caffè in piazza Salgari, a due isolati di distanza. Non so perché andammo fino a lì, probabilmente il bar più vicino era chiuso.
Nel bar c’era un tossico che iniziò una menata con Rossi, tanto che ci toccò andarcene al più presto.
Già non poteva più tanto andare nei bar, Vasco.
Così fu fatta la copertina di “Cosa succede in città” il primo disco di Vasco dopo che era uscito di prigione.
Qui sotto, nell'immagine tratta da Street-view di Google, l'angolo di via Pietro Colletta dove fu scattata la foto, come si presenta oggi. Al posto dell'oscuro muro di cinta della Brown Boveri, alberi, condomini e macchine parcheggiate.
Here below, in an image from Google Street-view, the corner of Pietro Colletta St. where the shot was taken, as it looks today. Instead of the dark perimetral walls of the Brown Boveri, there are trees, condos and parked cars.
La foto originale di Vasco Rossi si trova nel volume:
"Tabularasa"
Con Efrem Raimondi
Mondadori 2012.
http://www.facebook.com/TabulaRasaLibro
Clicca sulle foto per ingrandirle.
English translation:
1985
I remember almost more of Guido Elmi than Vasco.
Only the two of them came in Decembrio St. 26, Milan.
My so-called studio was a large loft above the entrance hall of the building. Elmi was in total-black, with a long coat. Vasco was as you see him in the picture. There were no changes of clothes, then. Elmi had some decals. With those he made the graphics of the records. I had no assistant. I used to shoot with a view camera 4x5 inches. So probably Vasco or Elmi had to help me with bags and tripods. We walked to Pietro Colletta Av., till the end of the street. There were the great walls of Brown Boveri, a factory producing trains and stuff like that. Huge. For sure I must have used a flash to light Vasco, but I can't remember which kind it was. At that time there weren't powerful battery-flashes yet, so it probably was a portable one taped up on top of a tripod. I don't think that Elmi was holding it himself. A lighting, moreover, that I wasn't familiar with and that I never used again. Daylight plus flash – not my cup of tea. We did four to six shots and certainly a couple of Polas.
Later we went for a coffee in Salgari Sq., two blocks away. I don't know why we went so far, probably the nearest bar was closed. There was a junkie who started to annoy Rossi, so much that we had to leave quite soon. At that time Vasco couldn't go anymore to bars very easily.That's how the cover of “Cosa succede in città” was made, the first record of Vasco after his release from prison.
Translation by Francesca Stella.
Click on the pictures to enlarge.