"Cosa succede in città", the cover making of.
1985
Mi ricordo quasi più di Guido Elmi che di Vasco.
Comunque arrivarono solo loro due, in via Decembrio 26 a Milano.
Il mio studio, se così vogliamo chiamarlo, era ricavato come un grande soppalco nell’androne del palazzo. Elmi, tutto nero, con un cappotto lungo. Vasco così come lo vedete nella foto. Non c’erano cambi di vestiti, allora.
Elmi aveva dei trasferelli. Con quelli faceva la grafica dei dischi.
Io non avevo assistente. Scattavo con un banco ottico 10x12.
Quindi probabilmente Vasco o Elmi dovettero aiutarmi con le borse e i cavalletti.
Andammo a piedi in via Pietro Colletta, alla fine della via. Lì c’era il grande muro di cinta della Brown Boveri, una fabbrica di tram e roba del genere. Roba grossa.
Usai sicuramente un flash per illuminare Vasco, ma che tipo di flash proprio non ricordo. Non c’erano ancora i potenti flash a batteria, quindi probabilmente era uno portatile scocciato in cima a un cavalletto. Non credo che Elmi lo tenesse in mano.
Una luce, tra l’altro, che non facevo allora e che mai più ho fatto dopo. Luce del giorno più flash - non era tanto il mio genere.
Facemmo quattro o sei scatti e sicuramente uno o due Polaroid.
Poi andammo a bere un caffè in piazza Salgari, a due isolati di distanza. Non so perché andammo fino a lì, probabilmente il bar più vicino era chiuso.
Nel bar c’era un tossico che iniziò una menata con Rossi, tanto che ci toccò andarcene al più presto.
Già non poteva più tanto andare nei bar, Vasco.
Così fu fatta la copertina di “Cosa succede in città” il primo disco di Vasco dopo che era uscito di prigione.
Qui sotto, nell'immagine tratta da Street-view di Google, l'angolo di via Pietro Colletta dove fu scattata la foto, come si presenta oggi. Al posto dell'oscuro muro di cinta della Brown Boveri, alberi, condomini e macchine parcheggiate.
Here below, in an image from Google Street-view, the corner of Pietro Colletta St. where the shot was taken, as it looks today. Instead of the dark perimetral walls of the Brown Boveri, there are trees, condos and parked cars.
La foto originale di Vasco Rossi si trova nel volume:
"Tabularasa"
Con Efrem Raimondi
Mondadori 2012.
http://www.facebook.com/TabulaRasaLibro
Clicca sulle foto per ingrandirle.
English translation:
1985
I remember almost more of Guido Elmi than Vasco.
Only the two of them came in Decembrio St. 26, Milan.
My so-called studio was a large loft above the entrance hall of the building. Elmi was in total-black, with a long coat. Vasco was as you see him in the picture. There were no changes of clothes, then. Elmi had some decals. With those he made the graphics of the records. I had no assistant. I used to shoot with a view camera 4x5 inches. So probably Vasco or Elmi had to help me with bags and tripods. We walked to Pietro Colletta Av., till the end of the street. There were the great walls of Brown Boveri, a factory producing trains and stuff like that. Huge. For sure I must have used a flash to light Vasco, but I can't remember which kind it was. At that time there weren't powerful battery-flashes yet, so it probably was a portable one taped up on top of a tripod. I don't think that Elmi was holding it himself. A lighting, moreover, that I wasn't familiar with and that I never used again. Daylight plus flash – not my cup of tea. We did four to six shots and certainly a couple of Polas.
Later we went for a coffee in Salgari Sq., two blocks away. I don't know why we went so far, probably the nearest bar was closed. There was a junkie who started to annoy Rossi, so much that we had to leave quite soon. At that time Vasco couldn't go anymore to bars very easily.That's how the cover of “Cosa succede in città” was made, the first record of Vasco after his release from prison.
Translation by Francesca Stella.
Click on the pictures to enlarge.
Ecco, cosa succede in città. La città si trasforma, i muri si abbattono, cemento sostituisce cemento, con, forse, un po' di verde in più. Anche la fotografia è cambiata, digitale e meno empirica, più asettica, forse. Grazie, Toni, per averci raccontato il ricordo di quello scatto, con la naturalezza che distingue i racconti dei grandi fotografi (flash e nastro adesivo... che incanto). E con quello, il ricordo di una Milano industriale che sta scomparendo.
RispondiEliminaArmando Melocchi