Let the images talk: Superbike champion Sylvain Guintoli for Riders magazine + "Black London" a fashion essai for Max styled by Andrea Porro.
Here below a short backstage video filmed by writer Moreno Pisto.
Here below few backstage pictures shot by Giorgio Serinelli.
Riders magazine, May issue.
Sylvain Guintoli photographed by Toni Thorimbert
"Tutto casa e corse"
Writer Moreno Pisto
Max magazine, May issue.
"Black London", photographed by Toni Thorimbert
Styled by Andrea Porro.
Click on the pictures to enlarge.
Matteo Oriani, the blog super-contributor, talks about the poetic, tender, metaphysical universe of Mister G.
Per mesi un elegantissimo libricino nero mi ha tenuto compagnia.
L'ho portato ovunque dentro il mio zainetto e ogni tanto lo tiravo fuori per rimirare il suo immaginifico contenuto.
Ha l'aspetto di una Moleskine ma, a differenza dei famosi taccuini da viaggio, il “mio” libricino è pieno di foto.
Era gennaio quando Thorimbert mi ha scritto un sms carico di eccitazione.
Più o meno diceva: “Ho qui un libro di foto di rara bellezza. Sarebbe bello condividerlo sul blog”.
Eccolo, il Librino, insieme al contenuto del mio zainetto:
Le fotografie che animano le pagine del libro sono realizzate da Gilbert Garcin, classe 1929, ex venditore di lampadari.
Una volta andato in pensione ha cominciato a scattare.
Cosa che non aveva mai fatto prima.
Ha scoperto, ormai avanti negli anni, il modo di liberare il suo genio creativo con una macchina fotografica analogica.
Ha voluto rappresentare i ricordi, le esperienze, le elaborazioni mentali della sua vita di uomo qualunque, offrendoci una specie di autobiografia artefatta del Signor Nessuno.
Lo ha fatto e lo fa tutt'ora nel modo più diretto possibile, creando immagini evocative e visionarie con una tecnica super artigianale, fotografando in bianco e nero le scenografie costruite con forbici, taglierini, colla, spago, sassi e oggetti di uso quotidiano dove egli stesso recita, inserito con la tecnica del collage, il ruolo dell'uomo qualunque.
I contesti sono paradossali e trattano temi filosofeggianti come il trascorrere del tempo, l'esistenza umana, la solitudine, i rapporti tra uomo e donna.
Le didascalie delle fotografie offrono la chiave di lettura per l'interpretazione delle immagini e fanno parte integrante e inscindibile delle opere.
Le sue immagini hanno la stessa intensità, lo stesso linguaggio sintetico delle poesie.
La cupidigia La condizione umana
Il segno Al centro
Quando il vento arriverà Le praterie non sono più verdi
L'unione Uno sguardo sull'arte contemporanea
La rottura
L'ambizioso Divergenze
La partenza Il porto di Attracco
Quel signore anziano, quasi calvo, con la schiena un po' curva e un cappotto demodè, è lo stesso Garcin che ci accompagna nelle sue rappresentazioni, regolarmente pervase da una piacevolissima vena ironica e malinconica.
Alcune volte la moglie, donna dotata di santa pazienza, dedizione e capacità di sopportazione, appare sulla scena da co-protagonista.
Gilbert Garcin ha sentito forte il bisogno di esprimere se stesso, la sua visione del mondo, dopo una vita apparentemente ordinaria.
E l'ha sviluppato, questo bisogno, con l'arte della fotografia che gli ha permesso di liberare qualcosa dentro di se in quel momento che segnava una svolta nella sua esistenza: il momento della fine delle responsabilità, dei doveri, degli orari e dei ritmi imposti dalla vita lavorativa di chi deve portare a casa la pagnotta e, per forza, deve scendere a compromessi senza tante “distrazioni”.
E' affascinate vedere come l'impeto creativo può arrivare in qualsiasi momento, con qualsiasi cultura, educazione ed esperienza.
Ancora una volta è evidente come la tecnica e l'attrezzatura fotografica siano semplici strumenti al servizio di chi ha qualcosa da dire e che permettono di esprimere il bisogno e la voglia di comunicare i propri sentimenti e le proprie visioni e interpretazioni dell'esistenza umana.
E' molto stimolante, per noi osservatori, interpretare queste fotografie e ritrovare un po' di noi stessi e del nostro mondo lì dentro.
Mi si riempie il cuore di gioia nel vedere come un uomo ormai ultraottantenne si dia ancora da fare per mettere in scena con ironica acutezza le misere debolezze umane e ridere di se stesso e di tutti noi.
Il tempo universale Il mulino dell'oblio
“Il mulino dell'oblio” è la rappresentazione emblematica di come Garcin interpreta un aspetto della misera condizione umana, con il suo personalissimo sense of humor.
Ci adattiamo alla nostra sorte continuando imperterriti il cammino lento e faticoso che ci fa muovere in cerchio, senza andare da nessuna parte, cancellando le tracce del nostro passaggio ma rinnovando, ad ogni giro, il nostro percorso.
Lasciamo tracce profonde che scompaiono, annullate dal peso delle nostre dolorose fatiche. Per andare dove? E perché?
Matteo Oriani.
Editor at large, The blog behind the images.
Matteo Oriani è un fotografo.
Colto ed acuto osservatore delle immagini e delle menti che le producono.
Insieme a Raffaele Origone forma il duo professionale Oriani-Origone.
Nelle loro foto danno vita ad oggetti altrimenti inanimati.
Gilbert Garcin
Mister G.
124 pagine
Postcard edizioni
25,00 euro
Mister G appears thanks to Francesca S.
English translation:
For months, an elegant little black book kept me company.
I took it everywhere in my backpack and every so often I gazed at its imaginative content.
It looks like a Moleskine but, unlike the famous notebooks, "my" little book is full of pictures.
It was January when Thorimbert wrote me a text message full of excitement.
More or less it said: "I have here a book of pictures of rare beauty. It would be nice to share it on the blog."
Here it is, the little book, together with the content of my backpack:
The photographs that enliven the pages of the book are taken by Gilbert Garcin, born in 1929, a former seller of chandeliers.
Once he retired, he began to shoot.
Something he had never done before.
He discovered, getting on in years, the way to free his creative genius with an analog camera.
He wanted to represent the memories, experiences, mental processes of his life as ordinary man, offering a sort of artifact autobiography of Mr. Nobody.
He did and still does so in the most direct way possible, creating evocative and visionary images with a super-crafted technique, taking pictures in black and white of sets built with scissors, cutters, glue, string, stones and objects of daily use, where, inserted with the collage technique, he plays himself the role of the ordinary man.
The contexts are paradoxical and deal with philosophical subjects such as the passage of time, human existence, loneliness, relationships between men and women.
The captions of the photographs offer the key to the interpretation of the images and are integral and inseparable part of the works.
His images have the same intensity, the same synthetic language of poems.
Here below the captions:
Greed - The Human Condition
The sign - In the center
When the wind comes - Grasslands are no longer green
The union - A look on contemporary art
The rupture
The ambitious - Differences
The departure - The dock
That old man, almost bald, with his curved back and a démodé coat, is Garcin himself who accompanies us in his representations, always filled with a pleasant vein of irony and melancholy.
Sometimes his wife, a woman endowed with patience, dedication and endurance, appears on the scene to co-star.
Gilbert Garcin felt strongly the need to express himself, his vision of the world, after a seemingly ordinary life.
And he developed this need with the art of photography, that allowed him to release something within himself at that moment that marked a turning point in his life: the moment of the end of responsibilities, duties, timing and rhythms imposed by the working lives of those who must bring home the bacon and, necessarily, have to compromise without many "distractions".
It’s fascinating to see how the creative surge can come at any time, with any culture, education and experience.
Once again, it is clear that the technique and camera equipment are mere tools in the service of those who have something to say and that allow to express the need and desire to communicate their feelings, visions and interpretations of human existence.
It's very exciting, for us observers, to interpret these photographs and find in there something of us and of our world.
It fills my heart with joy to see how a man now octogenarian still struggles to stage with ironic acuity the miserable human weaknesses and laughs at himself and all of us.
"The mill of oblivion" is the emblematic representation of how Garcin plays a miserable aspect of the human condition, with his personal sense of humor.
We adapt to our fate continuing, undeterred, our slow and arduous journey that makes us move in a circle, without going anywhere, erasing the traces of our passage but renewing our path at every turn.
We leave deep marks that disappear, canceled by the weight of our painful labors. To go where? And why?
Matteo oriani, Editor at large.
Translation by Francesca Stella.
Gilbert Garcin
Mister G.
124 pages
Postcard editions
25,00 euros
Mister G appears thanks to Francesca S.
Please, please, click on the pictures to enlarge.
L'ho portato ovunque dentro il mio zainetto e ogni tanto lo tiravo fuori per rimirare il suo immaginifico contenuto.
Ha l'aspetto di una Moleskine ma, a differenza dei famosi taccuini da viaggio, il “mio” libricino è pieno di foto.
Era gennaio quando Thorimbert mi ha scritto un sms carico di eccitazione.
Più o meno diceva: “Ho qui un libro di foto di rara bellezza. Sarebbe bello condividerlo sul blog”.
Eccolo, il Librino, insieme al contenuto del mio zainetto:
Le fotografie che animano le pagine del libro sono realizzate da Gilbert Garcin, classe 1929, ex venditore di lampadari.
Una volta andato in pensione ha cominciato a scattare.
Cosa che non aveva mai fatto prima.
Ha scoperto, ormai avanti negli anni, il modo di liberare il suo genio creativo con una macchina fotografica analogica.
Ha voluto rappresentare i ricordi, le esperienze, le elaborazioni mentali della sua vita di uomo qualunque, offrendoci una specie di autobiografia artefatta del Signor Nessuno.
Lo ha fatto e lo fa tutt'ora nel modo più diretto possibile, creando immagini evocative e visionarie con una tecnica super artigianale, fotografando in bianco e nero le scenografie costruite con forbici, taglierini, colla, spago, sassi e oggetti di uso quotidiano dove egli stesso recita, inserito con la tecnica del collage, il ruolo dell'uomo qualunque.
I contesti sono paradossali e trattano temi filosofeggianti come il trascorrere del tempo, l'esistenza umana, la solitudine, i rapporti tra uomo e donna.
Le didascalie delle fotografie offrono la chiave di lettura per l'interpretazione delle immagini e fanno parte integrante e inscindibile delle opere.
Le sue immagini hanno la stessa intensità, lo stesso linguaggio sintetico delle poesie.
La cupidigia La condizione umana
Il segno Al centro
Quando il vento arriverà Le praterie non sono più verdi
L'unione Uno sguardo sull'arte contemporanea
La rottura
L'ambizioso Divergenze
La partenza Il porto di Attracco
Quel signore anziano, quasi calvo, con la schiena un po' curva e un cappotto demodè, è lo stesso Garcin che ci accompagna nelle sue rappresentazioni, regolarmente pervase da una piacevolissima vena ironica e malinconica.
Alcune volte la moglie, donna dotata di santa pazienza, dedizione e capacità di sopportazione, appare sulla scena da co-protagonista.
Gilbert Garcin ha sentito forte il bisogno di esprimere se stesso, la sua visione del mondo, dopo una vita apparentemente ordinaria.
E l'ha sviluppato, questo bisogno, con l'arte della fotografia che gli ha permesso di liberare qualcosa dentro di se in quel momento che segnava una svolta nella sua esistenza: il momento della fine delle responsabilità, dei doveri, degli orari e dei ritmi imposti dalla vita lavorativa di chi deve portare a casa la pagnotta e, per forza, deve scendere a compromessi senza tante “distrazioni”.
E' affascinate vedere come l'impeto creativo può arrivare in qualsiasi momento, con qualsiasi cultura, educazione ed esperienza.
Ancora una volta è evidente come la tecnica e l'attrezzatura fotografica siano semplici strumenti al servizio di chi ha qualcosa da dire e che permettono di esprimere il bisogno e la voglia di comunicare i propri sentimenti e le proprie visioni e interpretazioni dell'esistenza umana.
E' molto stimolante, per noi osservatori, interpretare queste fotografie e ritrovare un po' di noi stessi e del nostro mondo lì dentro.
Mi si riempie il cuore di gioia nel vedere come un uomo ormai ultraottantenne si dia ancora da fare per mettere in scena con ironica acutezza le misere debolezze umane e ridere di se stesso e di tutti noi.
Il tempo universale Il mulino dell'oblio
“Il mulino dell'oblio” è la rappresentazione emblematica di come Garcin interpreta un aspetto della misera condizione umana, con il suo personalissimo sense of humor.
Ci adattiamo alla nostra sorte continuando imperterriti il cammino lento e faticoso che ci fa muovere in cerchio, senza andare da nessuna parte, cancellando le tracce del nostro passaggio ma rinnovando, ad ogni giro, il nostro percorso.
Lasciamo tracce profonde che scompaiono, annullate dal peso delle nostre dolorose fatiche. Per andare dove? E perché?
Matteo Oriani.
Editor at large, The blog behind the images.
Matteo Oriani è un fotografo.
Colto ed acuto osservatore delle immagini e delle menti che le producono.
Insieme a Raffaele Origone forma il duo professionale Oriani-Origone.
Nelle loro foto danno vita ad oggetti altrimenti inanimati.
Gilbert Garcin
Mister G.
124 pagine
Postcard edizioni
25,00 euro
Mister G appears thanks to Francesca S.
English translation:
For months, an elegant little black book kept me company.
I took it everywhere in my backpack and every so often I gazed at its imaginative content.
It looks like a Moleskine but, unlike the famous notebooks, "my" little book is full of pictures.
It was January when Thorimbert wrote me a text message full of excitement.
More or less it said: "I have here a book of pictures of rare beauty. It would be nice to share it on the blog."
Here it is, the little book, together with the content of my backpack:
The photographs that enliven the pages of the book are taken by Gilbert Garcin, born in 1929, a former seller of chandeliers.
Once he retired, he began to shoot.
Something he had never done before.
He discovered, getting on in years, the way to free his creative genius with an analog camera.
He wanted to represent the memories, experiences, mental processes of his life as ordinary man, offering a sort of artifact autobiography of Mr. Nobody.
He did and still does so in the most direct way possible, creating evocative and visionary images with a super-crafted technique, taking pictures in black and white of sets built with scissors, cutters, glue, string, stones and objects of daily use, where, inserted with the collage technique, he plays himself the role of the ordinary man.
The contexts are paradoxical and deal with philosophical subjects such as the passage of time, human existence, loneliness, relationships between men and women.
The captions of the photographs offer the key to the interpretation of the images and are integral and inseparable part of the works.
His images have the same intensity, the same synthetic language of poems.
Here below the captions:
Greed - The Human Condition
The sign - In the center
When the wind comes - Grasslands are no longer green
The union - A look on contemporary art
The rupture
The ambitious - Differences
The departure - The dock
That old man, almost bald, with his curved back and a démodé coat, is Garcin himself who accompanies us in his representations, always filled with a pleasant vein of irony and melancholy.
Sometimes his wife, a woman endowed with patience, dedication and endurance, appears on the scene to co-star.
Gilbert Garcin felt strongly the need to express himself, his vision of the world, after a seemingly ordinary life.
And he developed this need with the art of photography, that allowed him to release something within himself at that moment that marked a turning point in his life: the moment of the end of responsibilities, duties, timing and rhythms imposed by the working lives of those who must bring home the bacon and, necessarily, have to compromise without many "distractions".
It’s fascinating to see how the creative surge can come at any time, with any culture, education and experience.
Once again, it is clear that the technique and camera equipment are mere tools in the service of those who have something to say and that allow to express the need and desire to communicate their feelings, visions and interpretations of human existence.
It's very exciting, for us observers, to interpret these photographs and find in there something of us and of our world.
It fills my heart with joy to see how a man now octogenarian still struggles to stage with ironic acuity the miserable human weaknesses and laughs at himself and all of us.
"The mill of oblivion" is the emblematic representation of how Garcin plays a miserable aspect of the human condition, with his personal sense of humor.
We adapt to our fate continuing, undeterred, our slow and arduous journey that makes us move in a circle, without going anywhere, erasing the traces of our passage but renewing our path at every turn.
We leave deep marks that disappear, canceled by the weight of our painful labors. To go where? And why?
Matteo oriani, Editor at large.
Translation by Francesca Stella.
Gilbert Garcin
Mister G.
124 pages
Postcard editions
25,00 euros
Mister G appears thanks to Francesca S.
Please, please, click on the pictures to enlarge.
Just kids
Patti Smith e Robert Mapplethorpe.
Credevano in loro stessi e nella loro arte.
Ci credevano totalmente, ci hanno creduto sempre, anche quando erano i soli a farlo.
Non si sono arresi mai.
Avrebbero trovato la strada, il loro modo, unico, inconfondibile, di esprimersi.
Si sono amati di un amore che superava ogni idea preconcetta, ogni formula, e ogni aspettativa.
Si sono amati per sempre, adattando il loro sentimento al divenire delle loro identità.
Hanno amato l’arte dell’altro come la propria, forse anche di più.
Hanno percorso tutte le strade, battuto ogni angolo di New york e ogni recesso della loro anima per riconoscersi pienamente in loro stessi.
Hanno frequentato tutti i posti, quelli "giusti" e quelli terribilmente sbagliati.
Insieme hanno condiviso e inventato, creato, dipinto, scritto, fotografato, recitato, cantato, suonato, disegnato.
Hanno fatto, letteralmente, la fame, hanno dormito per strada, ma hanno sempre abitato loro stessi.
"L'ultima immagine di lui fu come la prima. Un giovane che dormiva ammantato di luce, che riapriva gli occhi col sorriso di chi aveva riconosciuto colei che mai gli era stata sconosciuta."
Mamma mia che storia questa. Quante lacrime ho versato alla fine.
Da sempre dico: "nei miei workshop non insegno fotografia, ma, attraverso la fotografia, promuovo l’unica vera necessità di ogni artista: accettare completamente se stesso".
Ecco, finalmente ho trovato il mio libro di testo.
Qui dentro, insieme a tante storie e immagini, c’è tutto quello che bisogna assorbire.
C’è indicata una strada che tutti possiamo fare.
Just kids è liberatorio.
Un libro che ti fa venire una voglia matta di creare, di sperimentare, di amare.
Patti Smith
Just kids
Feltrinelli, 293 pages, 19,00 Euro
English translation:
They believed in themselves and in their art.
They did it deeply and restlessly, even when they were the only ones. And never gave up.
They would find the way, their own way, that unique and unmistakable expression.
They loved each other with a love that went far beyond any preconceived idea, formula and expectation.
They cherished each other forever, adapting their feelings to the evolution of their identities.
They loved each other’s art as their own, maybe even more.
They walked all the streets, explored every corner of New York and every recess of their souls to fully acknowledge themselves.
They hung out in all places, the "cool" ones and the terribly wrong ones.
Together they shared and invented, created, painted, wrote, photographed, acted, sang, played, drew.
They literally starved, slept in the streets, but always lived within themselves.
"The last image of him was like the first. A young man sleeping wrapped in light, who opened his eyes with the smile of one who had recognized the woman he had always known."
My goodness, what a story. How many tears I shed at the end.
I always say: "In my workshops I don’t teach photography, but, through photography, I promote the only real need of an artist: to completely accept himself."
Well, I finally found my textbook.
Here, together with many stories and images, there is everything you need to assimilate.
It’s being shown a path that everyone can walk.
“Just kids” is liberating.
A book that makes you eager to create, to experience, to love.
Translation by Francesca Stella.
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