Lei, chiamiamola Maria, è giovane, un po’ rotondina. Capelli lunghi scuri, belle labbra carnose, sguardo timido e la voce come un sussurro. Fa un master di alta fotografia a Modena.
I miei due giorni di workshop lì, si intitolano, un po’ provocatoriamente, “ la nuda verità”.
Gli studenti, una dozzina, hanno scattato nei giorni scorsi un autoritratto di cui oggi parleremo. Quando viene il suo turno, Maria proietta il suo: un primo piano con un paio di baffoni finti. Spiega: “ Io ho un tic, mi metto sempre una ciocca di capelli tra naso e bocca, come fossero dei baffi, allora ho fatto questa foto”. Silenzio. la foto è ok , ma qualcosa non convince. Allora ne proietta un'altra: E' simile, ma non ha i baffi finti in questa, fa veramente il gesto necessario a tenere la sua ciocca di capelli sotto al naso.
E per farlo deve mettere, per forza, due dita davanti alla bocca. “A me sembra”, dico io “che i baffi da uomo non c’entrano, mi sembra invece che con questo gesto tu ti stia proprio impedendo di parlare, che tu ti stia tappando la bocca”.
Ore 10 del mattino dopo. Gli studenti scatteranno, ognuno a turno, delle foto ad una modella per chiudere il cerchio con l'autoritratto che abbiamo commentato il giorno prima: contrapporre, abbinare, capire, svelare.
La modella, nuda come la verità, appunto, aspetta leggendo un libro semisdraiata sul fondale nero. Ora è il turno di Maria che entra nello studio, visibilmente emozionata. Armeggia un momento con la fotocamera e l'esposizione, poi va dritto al sodo. Alla modella dice: “ puoi fare finta di urlare?” la modella dice "...Ok" e lo fa: simula un urlo, la bocca molto aperta. Maria scatta. Allora dico “ perché non la fai urlare veramente?, anche se in foto la voce non si sente, penso che la sua espressione sarà più convincente” “ok” dice Maria. Conta 3-2-1! La modella urla davvero, lei scatta ancora. Già a Maria tremano visibilmente le mani. L’urlo della modella è ok, ma potrebbe essere meglio. Dico a Maria “ senti, per dare una mano alla modella perchè non provate ad urlare insieme?” Si gira verso di me, quasi sbalordita “ ma io non posso urlare” Lo dice serissima, con uno sguardo carico di vera ansia “Io credo che lo puoi fare… prova”. E’ una grande , la Maria. Infatti prende fiato, ora trema come una foglia con tutto il corpo - meno male la macchina è sul cavalletto - e di nuovo conta: 3-2-1! e urlano, ben forte, tutte e due, e lo rifanno altre tre, quattro, cinque volte.
Bellissimo, liberatorio.
Al pomeriggio si proiettano le foto scelte. La Maria mostra uno degli ultimi scatti, dove la modella urla veramente. La modella è anche lei bruna, con i capelli lunghi, alla Maria somiglia - e non somiglia - ma nella foto, nell’urlare, invece gli somiglia parecchio. Sembra proprio diventata Maria, Maria che finalmente lascia andare il suo grido, non più zittita da quelle dita davanti alla sua bella bocca.
"La nuda verità"
Un workshop di fotografia di Toni Thorimbert all'interno del master di alta formazione sull'immagine contemporanea della Fondazione Fotografia di Modena.
5 commenti:
Ciao Toni,
leggendo mi sono ricordato del workshop "l'esperienza del ritratto" fatto con te pochi mesi fa... beh i riflessi positivi di quella esperienza me li godo ancora oggi, complimenti e grazie!
Questa esperienza condivisa vale piu' di mille insegnamenti. Grazie.
Mi viene in mente un aneddoto di Anton Corbijn, quando non molti anni fa stava facendo un (penso il suo 1000esimo) servizio con gli U2, loro non erano in giornata e non c'era verso che venissero fuori foto decenti.
Prima si è arrabbiato poi si è tolto i pantaloni e ha cominciato a scattare.
ok non è proprio la stessa cosa, ma rende l'idea del rapporto fotografo-soggetto.
La Maria, fotografando la modella, ha fatto una operazione di Transfer (spostamento dei sentimenti e delle emozioni fuori di sé) facendosi in pratica un autoritratto. Ha visto, nella modella, l'immagine di sé stessa come riflessa in uno specchio (lo specchio è fondamentale nell'autoritratto) ed è riuscita a far fare alla modella ciò che lei avrebbe dovuto fare da tempo: urlare per far uscire "qualcosa" da se stessa. Non è un caso che Thorimbert descrive La Maria "un po' rotondina". C'è forse un vuoto che è stato riempito male? E c'è forse la presa di coscienza di farlo uscire? Molto, ma molto interessante l'autoritratto. Mi vien voglia di studiarci sù e scrivere qualcosa. A presto e carissimi auguri a Maria che è stata molto brava e pure fortunata ad aver incontrato Thorimbert.
Ancora una volta un bellissimo resoconto di un'esperienza insieme ad un grande fotografo.
Mi pare proprio di vederlo - con gli occhiali sulla testa - e sentirlo - con la sua erre moscia e l'accento milanese - mentre consiglia a Maria cosa fare durante lo shooting.
La cosa che mi ha colpito di Thorimbert è la sua voglia di condividere la sua quotidianità a 360 gradi nonostante si trovi lassù, sul monte Olimpo della fotografia. Potrebbe infischiarsene ma non lo fa.
E per me, che sono quaggiù, diviene una fonte inesauribile di insegnamenti. Sono contento di avrlo "incontrato" seppure ancora virtualmente.
Grazie, sig. Thorimbert.
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