Franca Sozzani




Ho fotografato Franca Sozzani solo una volta, per Brutus, un giornale di tendenza giapponese che voleva fare un reportage su Franca che andava alla sfilata di Armani.
Credo fosse il 2004.
Ero in totale panico da prestazione: Brutus era un cliente molto esigente e fotografare Franca Sozzani mi metteva grande agitazione.
Sudavo.
Lei, ovviamente no.
Anzi, tutto scorreva in modo molto semplice e naturale: da Castello prendemmo la sua vecchia Mini e trovammo parcheggio, come se fosse la cosa più normale del mondo, a pochi metri da Armani, in Borgospesso.
Non eravamo ne in anticipo ne in ritardo, Franca salutò qualche persona, qualche persona salutò Franca.
Finita la sfilata, nel backstage c’era una ressa pazzesca, ma non per lei, che arrivò semplicemente da Giorgio dove, come in una bolla, ci furono baci e sorrisi, mentre io cercavo di fare la foto e più che altro sopravvivere.
Pensai che per Franca era molto naturale essere Franca, e che, se quel mondo aveva una regina, era sicuramente lei.

Franza Sozzani photographed by Toni Thorimbert for Brutus magazine, 2004.

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Collectible Dry plays Buffalo


Un servizio di moda ispirato allo stile e alle fotografie create da "Buffalo", un collettivo di creativi attivo negli anni '80 a Londra, composto da fotografi, designers, artisti e capeggiato da Ray Petri, "fashion stylist" ante litteram.

Dirompenti e radicali, le immagini prodotte da Buffalo e pubblicate sui giornali di tendenza dell'epoca, contribuirono a trasformare il modo in cui la società guardava alla moda, con uno stile innovativo che sarebbe diventato il più influente di quel periodo. Insieme a Ray Petri, prematuramente scomparso nel 1989, agivano i fotografi Marc Lebon, Jamie Morgan e Cameron McVey.





"In quell'epoca non c'erano cellulari o computers, si scattava con pellicola e in generale si viveva la situazione momento per momento, stavi in studio, ti rollavi una canna, la gente arrivava e si facevano le foto"
ha raccontato Jamie Morgan in una recente intervista a "Dazed and Confused"

Petri mixava AF1 Bomber con pantaloni di Armani e stivaletti Doc Martens, capi tecnici da running con copricapi etnici e giacche militari, e spesso erano i modelli stessi, in realtà amici degli amici, gente che capitava randomly in studio a portare i vestiti in una specie di happening creativo continuo.

I tempi sono cambiati, off course, e per Dry abbiamo voluto rendere un'ammirato omaggio a un atteggiamento pienamente attuale, specialmente quando la moda maschile pesca le sue ispirazioni "dalla strada".
E' grazie a Buffalo se oggi ci sembra del tutto normale abbinare le sneakers con un completo di Costume o i pantaloni dell' Adidas con una giacca formale.

Per fotografare questa storia ho adottato un approccio molto semplice ed immediato in modo da recuperare un lato "naif" che fa comunque parte della mia esperienza di quegli anni.
Ho scattato in pellicola, e, come unica concessione alla contemporaneità, ho usato l'Iphone come una Polaroid.
Dopo anni di digitale, realizzare un intero servizio di moda in pellicola, è stato piuttosto interessante: ho scattato molto meno, più lentamente, e sopratutto abbiamo dovuto, io e la stylist, metterci a"guardare" veramente chi avevamo di fronte: la posa, la luce, le proporzioni degli abiti, in un esercizio volto a ri-focalizzare lo sguardo sulla tridimensione della realtà non filtrata dalla bi-dimensione del computer.















Qui sotto una scelta di immagini da Dry magazine
Here below some images from Dry fashion essai



















Bonus track:

Nel 1984 proposi ad Amica di mandarmi a Londra a fotografare la "gente giusta".
Non conoscevo nessuno e non sapevo una parola di inglese.
Scattavo solo diapositive a colori in banco ottico 10X12.
Ero senza assistente.
Non avevo una lira.

Giuro, non ricordo assolutamente come, ma in un paio di giorni avevo decine di appuntamenti per fotografare la gente più figa di Londra. Arrivavano nello studio che avevo noleggiato con lo scontrino del taxi e io gli davo, in contanti, il doppio, per pagare anche il ritorno.
Gli inglesi, ricchi o poveri, famosi o meno, ci tengono a 'ste cose.
Stephen Jones era già il cappellaio della regina, altri sarebbero diventati famosi, magari per un giorno, altri chissà...
L'unico che andai a fotografare nel suo atelier fu John Galliano. Era già un astro nascente, ma lo trovai solo, intento a stirare, mentre i suoi assistenti erano in pausa pranzo.
La notte andavo al Taboo, il club di Leigh Bowery: Entrare era praticamente impossibile.
Leggende metropolitane raccontavano di una tipa morta di freddo mentre faceva la coda.
Dentro, la gente era vestita, o svestita, nei modi più assurdi ed eccentrici, ma poi parlava di cose comunissime, quotidiane.
Capii cos'era la "cultura del club": Un posto dove sentirti finalmente libero di essere come sei.
A Camden Market comprai il primo di una lunga serie di bomber AF1 che da allora non ho mai smesso di portare.

(English translation)

In 1984 I proposed Amica magazine to send me in London to take portraits of the "cool people"
I didn't know anybody and I didn't speak a word of english.
I was shooting only 4X5 inch. slides.
I didn't have any assistant.
I was broke.

I swear, I absolutely do not remember how I did it, but in a couple of days the coolest people of London were converging in my rented studio, the taxi receipt in their hands.
I was remboursing them the double amount, in cash, for the trip back.
You know...Londoners, don't matter if rich or not, famous or infamous, take care about those things.
Stephen Jones was already the Queen milliner, others will soon became famous, perhaps for one day, others...who knows?...
The only person I had to go photograph in his atelier was John Galliano. He was already a star, but I found him alone, ironing, while his assistants were out at lunch.
At night I went to Taboo, Leight Bowery's club. To get in was almost a "mission impossible", legend tells that a girl died of cold while waiting on line.
Inside the club, people were dressed, or undressed, in the most eccentric way, but were speaking about very common topics and everyday matters.
I started to understand what the "culture club" was about: a safe place where finally feel free to express yourself.

In Camden Market I bought the first of a long line of AF1 bombers. I have never stopped to wear them since.




Qui sotto alcune immagini dal servizio di Amica, 1984.
Here below some images from the Amica story, 1984.



"The fashion group": Da sinistra: Tamara Mellon (che co-fonderà il marchio di scarpe Jimmy Choo), Mitzi Lorenz, (grande amica di Ray Petri e parte di "Buffalo") Richard Fenton, modello e Tracy, truccatrice.

"The fashion group": From left: Tamara Mellon ( who will later co-found the shoes brand Jimmy Choo) Mitzi Lorenz ( a close friend of Ray Petri and part of the Buffalo collective) Richard Fenton, model and Tracy, Makeup artist. In 2000 Mitzi Lorenz will publish the book "Buffalo" edited by Trolley Books.



Tamara Mellon



Jhonny Moke
shoe designer



Jina Jay, fashion designer



John Webb, furniture designer



London Wide, Gabbage Club promoters



Marc Farrington, James White Club promoters



Mark+Syria, Fashion designers.



Martin J. Piper, Artist



Sean McLusky Club promoter



Stephen Jones, hat maker. Consiglio un tour nel suo sito. Negli anni Jones è diventato forse il "cappelaio" più famoso del mondo.



At left Stephen Linard, fashion designer.

Qui sotto le pagine di Dry.
Here below Dry magazine pages:
















DRY magazine

"Style terrorists"

Photographed by Toni Thorimbert

Styled by Michela Guasco
assisted by Gabriele Papi

Hair by Kilian Marin
Make up by Claudia Marchetti

Production and Casting Editor: Fiorenza Soave

Models:
Nikki Daenen Dmanagement
Perla Hidalgo The Fabbrica
Aleksander Vasili Bravemodels
Costin Bravemodels
Peter Finn Bravemodels
Chen IMG models
Estella IMG models

Backstage photography by Ilaria Zennaro
Toni Thorimbert photographed by Giovanni Gastel, 1987.


Here a link of shops where to find Dry magazine: http://www.collectibledry.com/we-are-also-made-of-paper/

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