The interview: Danilo Pasqua, the "Superstudio" manager talks about the "old good times" and pay tribute to some friends.



Qui sopra, Danilo Pasqua al suo desk.


Danilo Pasqua

Responsabile degli studi al “Superstudio 13”, Milano.

T.T: Fino dal giorno della sua apertura, nel 1983 Il Superstudio è stato da subito “lo” studio dove scattare. Puoi ricordare per noi il clima di quei tempi e raccontare chi erano le persone coinvolte allora nel progetto?

D.P: A Milano si respirava la grande ripresa economica e il “momento top” della moda. In quegli anni non esistevano studi fotografici che potevano offrire ai fotografi, alle redazioni dei giornali, alle aziende di moda e alle agenzie di pubblicità, un servizio altamente professionale. Gli studi a disposizione erano di proprietà di singoli fotografi che li noleggiavano ad altri colleghi.
Studi fotografici ben attrezzati li aveva la Edimoda,casa editrice di due importanti riviste di moda: “Donna” e “Mondo Uomo”. Qui oltre agli studi c’erano anche le redazioni di queste due testate per le quali lavoravano i più grandi fotografi italiani e internazionali che questo gruppo editoriale si contendeva con la Conde Nast.
Di notte, dopo la giornata di lavoro per i giornali venivano scattate le campagne pubblicitarie e i cataloghi di moda.
Flavio Lucchini, allora editore e fondatore di Edimoda, una sera passando per via Tortona e via Forcella notò degli spazi dismessi, fabbriche abbandonate in mezzo a degli orti, vide un cartello di un’agenzia immobiliare e immediatamente prese contatto.
Da lì al progetto passò ben poco tempo, con il fiuto del grande imprenditore, convinse la moglie Gisella Borioli, allora direttore di “Donna”, a realizzare una grande struttura che poteva ospitare una cittadella della moda, dare servizi per l’immagine e far sentire i fotografi a casa loro.
Il progetto coinvolse anche il fotografo Fabrizio Ferri, allora giovane talento, lanciato da Lucchini con i suoi giornali.
(Nel 1988 Ferri si staccò e fondò il complesso di IndustriaSuperstudio per poi chiudere nel 2005. N.d.R.)
Per seguire questo progetto e la sua gestione incaricarono proprio il sottoscritto, allora solo 23enne.
Io avevo maturato una certa esperienza come assistente fotografo freelance e lavorato con diversi fotografi internazionali quando questi venivano a Milano negli studi dell’Edimoda o della Conde Nast.
Avevo paura: ricordo che per l’emozione e il peso della responsabilità che mi veniva data mi studiai tutti i manuali di tutte le attrezzature elettroniche (nuovissime e mai utilizzate prima) per poter rispondere a tutte le problematiche che si sarebbero presentate per l’utilizzo.
Poi scelsi tre assistenti di studio, i migliori sulla piazza. Avevano esperienza da vendere e un curriculum che oggi farebbe invidia ad un bravo fotografo e cominciò l’avventura che ci avrebbe portato ad essere “lo” studio numero uno in Europa e sicuramente uno dei più importanti al mondo.

T:T: In questi ventisette anni il tuo è stato un osservatorio assolutamente privilegiato sulla fotografia. Puoi fare un piccolo elenco significativo dei fotografi-celebrities con i quali hai lavorato al “Superstudio” ?


D:P: Beh è una domanda che mi onora e mi intimidisce allo stesso tempo, non vorrei dimenticarne qualcuno, sono davvero tantissimi, e chiedo scusa a tutti quelli che non menziono.
Sono stato fortunato perché ho visto e conosciuto i più grandi fotografi di sempre.
Con molti di loro ho fatto amicizia, molti mi hanno regalato delle stampe, libri, alcuni anche delle polaroid che mi ritraggono insieme a loro e che ho incorniciato come vere opere d’arte.
Inizierei da Robert Mapplethorpe, ha lavorato solo una volta da noi, credo fosse il 1985. Grande personaggio con una personalità esemplare. Mi colpì moltissimo la sua semplicità e il suo modo, molto riservato, di presentarsi, in contrasto con l’estrosità e la durezza di alcune sue immagini.
Poi David Bailey, Arthur Elgort, Norman Parkinson, Irvin Penn, Art Kane, Bert Stern, Oliviero Toscani, Richard Avedon, Helmut Newton, Ferdinado Scianna, Elliott Erwitt, Albert Watson, Peter Lindbergh, Carlo Orsi, Giuseppe Pino, Giovanni Gastel, Douglas Kirkland, Domenique Issermann, Patrick Demarchelier, Annie Leibovitz, Giampaolo Barbieri, Sarah Moon, Herb Ritts, Bruce Weber, Steven Meisel, Toni Thorimbert ,Toni Meneguzzo, Sebastiao Salgado….per poi arrivare ai giovani di oggi, “signori” del digitale: Mert Alas & Marcus Pigott , Michelangelo Di Battista, Mario Testino, Mario Sorrenti, Inez Van Lamsweerde & Vinoodh Matadin, e moltissimi altri …..

T.T: Tra tutti i fotografi che hai conosciuto e con i quali hai lavorato ci sono alcuni che ti hanno colpito particolarmente, per via del loro carattere o del loro modo di operare?

D.P: Si, ci sono dei fotografi che mi hanno colpito per la loro semplicità e umiltà.
Irvin Penn tra tutti: era un sogno conoscerlo e avevo paura anche solo chiedergli una firma su un libro. L’ho conosciuto per la prima volta a New York nel 1984, ero lì per lavoro come assistente di Fabrizio Ferri e andai a portare le pellicole da Dougall, il leggendario laboratorio dove sviluppavano i più grandi fotografi di quell’epoca. I lavoranti erano tutti indiani e lavoravano 24 ore al giorno.
Davanti al bancone stavo spiegando al commesso come volevo sviluppare le diapositive 20x25 di Fabrizio quando entrò un uomo anziano ed esile: “ hello teacher”, gli disse il commesso.
Io non ci feci molto caso, ma quando vidi sulla busta “quel” nome, mi si gelò il sangue...avevo un nodo in gola che mi impediva di parlare.
Lui gentilmente disse al tecnico di finire con me e mi chiese da dove venivo, se ero italiano. Dopo poche parole scambiate con il Maestro lo invitai a venire al Superstudio se gli fosse capitato di passare da Milano e così fu. Qualche anno più tardi venne a lavorare da noi per un giornale americano. Si ricordava benissimo di me, e nel tempo mi ha mandato alcuni suoi libri con delle dediche fantastiche.
Oliviero Toscani, con lui ho un’amicizia che va oltre il set, Annie Leibovitz per la sua serietà e il modo con cui lavora: è davvero sorprendente vedere una donna di oltre 60anni con una capacità e una tecnica nell’uso del digitale da fare invidia ad un 20enne, ma ovviamente con la qualità delle sue immagini acquisita dall’uso dell’analogico.
Con Helmut Newton ho da subito instaurato un’amicizia e una stima indelebile.
Mi chiamava “piccolo zuccherino” per come lo viziavo quando veniva nei nostri studi.
Infine voglio ricordare Herb Ritts, lo avevo aiutato, agli inizi della sua carriera. Uno dei primi a lavorare con lui, a scoprirlo, fu Gianfranco Ferrè.
Agli inizi non aveva molta tecnica ma era un giovane fotografo pieno di entusiasmo e diventò in breve tempo una star senza mai perdere l’umiltà e il riconoscimento verso chi lo aveva aiutato.

T.T: Negli ultimi anni il Superstudio si è allargato con la creazione di Superstudio più, grandi spazi destinati al design e ad eventi di vario genere, ma di fatto, anche dopo la chiusura degli studi di “IndustriaSuperstudio”, la parte legata al noleggio per i servizi i fotografici si è ridotta molto. Puoi darci un parere sui motivi di questa tendenza?

D.P: Il Superstudio Più è nato nel 2000 quando la richiesta degli spazi per la fotografia era consolidata e avevamo sempre più richieste di spazi per eventi, Oggi è la struttura privata a Milano più importante per dimensione e offerta.
Ma è vero che dopo il 2002 il mercato del noleggio per i servizi fotografici ha avuto una sensibile flessione. Credo che ha raggiunto il picco negativo nel 2008, complice la crisi mondiale, la svalutazione del dollaro e di altre monete “importanti”. Il mercato del Superstudio è sempre stato rivolto per il 50% agli stranieri, per le loro produzioni in Italia.
C’è da dire che con l’ingresso del digitale ci sono meno esigenze di attrezzature e spazi. mentre si è incrementato il lavoro di post produzione e ritocco.
Mi permetto qui una considerazione personale a proposito del digitale: Questo sistema ha impoverito la fotografia per quello che questa rappresenta nell’arte.
Chi acquisterebbe oggi una stampa fotografica digitale per collezione? Ci si domanda: Ma è un originale? Una volta le immagini erano ritoccate a mano, e ogni stampa era diversa dall’altra. Oggi non è così, il fotografo è importante, ma la differenza la fa l’operatore digitale in fase di postproduzione.
Per fortuna ci sono ancora fotografi che realizzano le loro immagini come un tempo, hanno solo cambiato il supporto dove immortalare quello che vedono, ma non stravolgono quello che hanno realizzato con la macchina.
Il Superstudio oggi si è adeguato ai tempi e alle richieste, mantiene la professionalità e i servizi di un tempo con la tecnologia del futuro.

T.T: Fare l’assistente al Superstudio è stato considerato per anni il “punto di arrivo” nel percorso di apprendistato nella fotografia commerciale e specialmente di moda. E’ ancora così? e quali sono i requisiti per poter lavorare in Superstudio?


D.P: Posso confermare che per i ragazzi di un tempo arrivare al Supertudio era più di un punto di arrivo, parecchi erano già fotografi magari in provincia e certi “stranieri” erano artisti affermati nel loro paese.
Il Superstudio è sempre stato una scuola professionale e tecnica dove poter esprimere le proprie qualità, parecchi dei miei assistenti, quelli che più di altri hanno saputo cogliere e mettere a frutto gli insegnamenti e le esperienze acquisite lavorando qui a contatto con grandi fotografi, sono oggi dei fotografi affermati.
A me è sempre piaciuto scegliere l’assistente per la carica e la volontà che mi dimostra indipendentemente dalle sue conoscenze tecniche. Preferisco formare una persona come meglio credo e lo faccio in base alle osservazioni dei tantissimi fotografi che utilizzano i nostri spazi. I fotografi, quelli “veri”, ti insegnano cosa realmente serve in uno studio, quali doti e quali nozioni un bravo assistente deve avere ed è in questo modo che formo i miei ragazzi.

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Ispirazioni



Ragazzi, mi dispiace per il titolo che, lo so, è terribilmente noioso e banale, ma non sono riuscito a trovare di meglio, anche perchè troppo impegnato ( e ancora non è finita) a preparare questa proiezione-conferenza nella quale ho voluto svelare il come e il perchè alcuni autori mi sono stati di ispirazione (appunto) nel mio percorso professionale ed artistico. Come sarà? A parte alcuni, talmente famosi da essere scontati, ce ne dovrebbero essere altri che meritano la scoperta.

24 Novembre 2010, ore 21
Incontri con l'autore:
Toni Thorimbert
presenta:
“Ispirazioni”

Nell’ambito di:
FOTOGRAFICA CANON 10
Fondazione Forma

Sala delle Capriate
Piazza Tito Lucrezio Caro
Milano

Per il programa completo clicca qui.

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"Fotografie contro la leucemia" an exhibition in the memory of Mario De Stefanis, the B/W top printer.



Qui sopra: Mario De Stefanis nel laboratorio di Chiasso, 2007

Una mostra benefica per ricordare Mario De Stefanis, uno dei più raffinati stampatori della fotografia in bianconero, scomparso nel maggio di quest’anno.

La mostra, a cura di Gloria Norfo, Toni " Doctor" D’Ambrosio e Massimo Mangione mette in vendita circa 50 immagini donate da altrettanti autori tra i più noti del panorama italiano e accomunati dall’intensa collaborazione con Mario De Stefanis e il suo laboratorio.

Fra gli autori presenti: Gianni Berengo Gardin, Gabriele Basilico, Luca Campigotto, Carla Cerati, Francesco Cito, Mario Cresci, Piero Gemelli, Ugo Mulas, Malick Sidibé, Toni Thorimbert.

Il ricavato dell’iniziativa, destinato alla Fondazione Areté Onlus del San Raffaele, sarà devoluto all’Unità Operativa di Ematologia e Trapianto Midollo Osseo (UOE-TMO) dell’Ospedale San Raffaele di Milano.


Mario è stato un grande uomo, un grande artista della stampa ed pezzo enorme della mia storia professionale ed umana.
Lui, con Toni D'Ambrosio e Massimo, hanno stampato tutte le mie fotografie in bianco e nero dall'inizio degli anni '80 ad oggi.

Qui sotto: " Marpessa 1990" la fotografia con la quale partecipo all'evento.
In formato 30X40 è stampata su carta baritata da negativo e virata al selenio.
E' in vendita al prezzo speciale di 800,00 euro.





Galleria Bel Vedere
Via Santa Maria Valle 5
Milano
Dal 25 novembre al 23 dicembre 2010.
Da martedì a domenica, dalle 15.00 alle 19.00


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"Moda, sostantivo maschile" An exhibition about men's fashion from the photographers and editors of "Style" and "Max" magazine.



Qui sopra, una veduta, molto parziale, della mostra che però mette in evidenza
l'efficace allestimento:le fotografie sono inserite in scatole di cartone aperte.
Lungo il percorso espositivo anche schermi giganti con videoproiezioni.
Qui sotto da sinistra: Andrea Rossi, Direttore di "Max",Paolo Ratti, publisher dei maschili di RCS periodici e Alessandro Calascibetta, curatore dela mostra e direttore moda ( tra gli altri) di "Style" e "Max", giornali per i quali lavoro spesso. Nella mostra ci sono (ovviamente) anche alcune mie immagini.



MODA, Sostantivo maschile
Uomini, stile , costume.
2000/2010
A cura di Alessandro Calascibetta-Piano B

Spazio Ansaldo
Via Bergognone 30 Milano
fino al 30 Novembre
tutti i giorni dalle 11_18,00


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Zingarate...



La "zingarata" è stata OK per me.
Su Facebook è pieno di foto, commenti e "mi piace".
C'era davvero molta gente.
Noi ci siamo divertiti molto.
Ma questo non è inusuale.
Abbiamo parlato, raccontato, Benedusi ha fotografato bendato, qualcuno ha fatto domande, forse prevedibili, ma sono le domande, e le ansie, di questi tempi.
Voglio bene a Chico perchè è capace di "muovere" le persone.
Benassi è un gigante. Settimio è un fratello.
Qui sotto pubblico uno dei contributi apparsi in giro a proposito della faccenda.
Mi è piaciuto.
E' solo un punto di vista ma l'ho trovato interessante.
E' di Sara Lando e viene dal suo blog.


Zingarate e l’arte di capire chi sei

Ieri ero a Savignano sul Rubicone assieme a Barbara perchè c’era questa specie di cosa che non si capiva bene cosa fosse, pero’ c’erano nello stesso spazio-tempo Settimio Benedusi, Toni Thorimbert, Chico de Luigi e Jacopo Benassi e non stavano cercando di vendere niente o presentare niente, e non e’ una cosa così comune.
Quando qualcuno cosi’ piu’ grande di me (e non parlo di età) si presta ad essere generoso abbastanza da permettermi di fare domande, io alzo il culo e ci vado.
Alcune cose che hanno detto sono state illuminanti.
Altre provocatorie, e ascoltandole mi sono resa conto che se le avessi sentite anche solo 3 anni fa probabilmente mi sarei quasi incazzata e invece adesso non solo stavo ascoltando, ma capivo.
Sono quattro fotografi estremamente diversi in termini di personalità, soggetti, esperienze. Però vederli assieme mi ha fatto pensare di trovarmi di fronte a una specie di variazione sul tema e per tutto il pomeriggio ho cercato di capire cosa fosse a rendere loro quattro in un certo senso così simili.
Guidando verso casa, credo di aver capito.
La vera differenza tra il fotografo e il fotoamatore non e’ tanto il fatto di essere pagato,
di avere un certo tipo di attrezzatura, un portafoglio di clienti che gli danno soldi.
Chi sta in cima è gente che ha smesso di trovare scuse, che si prende la responsabilità di quello che e’ artisticamente e umanamente e che e’ disposto a pagarne le conseguenze, perche’ ha un proprio percorso che e’ diverso da quello degli altri e che non deve per forza essere capito guardandone solo un pezzo, da fuori.
Che ha capito che a nessuno frega niente del perchè non hai potuto fare qualcosa.
Alla fine della giornata conta solo quello che hai fatto davvero.
Non quello che hai pensato di fare, che avresti voluto fare, che hai detto che avresti fatto ma poi il “cane mi ha mangiato i compiti”.
Credo che in punti diversi delle loro storie se la siano fatta addosso come tutti quanti, con la differenza che dove gli altri sono andati a casa a cambiarsi, loro hanno l’aria di chi si e’ semplicemente tolto i pantaloni ed e’ andato avanti lo stesso.
Momento clou della giornata: vedere Benedusi scattare bendato e riuscire comunque a tirar fuori una foto non solo bella ma sua.
Illustrazione perfetta della differenza tra fare le cose a caso e farle seguendo il caso.
Anti climax della giornata: il tizio che subito dopo ha alzato la mano per fare domande e ha chiesto: “analogico o digitale ?”. SUL SERIO?

Sara Lando


Consiglio vivamente anche questo contributo:
Un breve filmato di Valentina Bianchi, molto, molto bello: http://www.facebook.com/home.php#!/video/video.php?v=1662828540257

A questo punto consiglio anche di non perdere assolutamente le prossime "zingarate":

SABATO 18 DICEMBRE h.15.00
Lady Tarin

SABATO 8 GENNAIO h.15.00
Cristina e Marco Onofri



Nella foto sotto al titolo, una parte dei partecipanti. Qui sopra: Jacopo Benassi, Toni Thorimbert, Elena Todros, Chico De Luigi, Lucia Mariotti, Settimio Benedusi.

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The interview: Stefania Molteni, photo editor, "Riders" magazine. Italy.



At work: Thorimbert, the Suzuki-Rizla umbrella girls and Stefania Molteni.
Misano, September 2009.
Photographed by Niccolò Rastrelli.


TT_Puoi raccontarci le tappe salienti del tuo percorso professionale?

SM_La mia prima tappa alle scuole elementari: Un corso di fotografia con il foro stenopeico. Poi ho fatto il D.a.m.s a Bologna e la Bauer a Milano. Poi stage da Grazia Neri. Archiviavo diapositive. Lo trovavo un lavoro noiosissimo, salvo capire anni dopo quanto mi era stato utile vedere tutte quelle foto. Dopo Grazia Neri sono stata da Franca Speranza: sceglievo e gestivo fotografi di arredamento e di reportage, e poi (e questa è stata senz’altro la mia esperienza più formativa) ho lavorato da Blob Creative Group. Lì ho avuto modo di imparare e mettere in pratica gli step necessari per coordinare la produzione dei servizi, lo studio della costruzione dei book fotografici ed ovviamente perfezionare quelle che erano già le mie basi per intrattenere i rapporti con i fotografi.

TT_Quali sono i fotografi( o le fotografie) che ritieni siano stati parte fondante del tuo background come photo editor?


SM_Più che parlare esclusivamente di fotografia bisognerebbe parlare di arti visive a tutto tondo ovvero, pittura, cinema e scultura. Credo infatti che essere photo editor non voglia dire conoscere solo la fotografia ma sapere valutare anche altre forme visive. Comunque senz’altro citerei Newton, Avedon, Capa, Natchwey, Giacomelli ma anche Saudek e David La Chapelle.

TT_Quando sei entrata a Riders il giornale era appena nato...

SM_Sì, e per me è stata sicuramente una sfida. Non conoscevo il mondo delle due ruote, sapevo solo chi era Valentino Rossi...
Devo dire che è stato il direttore, Roberto Ungaro, a rassicurarmi e spronarmi dicendomi di non preoccuparmi del fatto che non sapessi nulla di moto perché era proprio una persona così che voleva. Voleva creare qualcosa di diverso nel panorama tutto uguale delle riviste di moto.
Dopo tre anni a Riders ritengo di aver fatto la scelta giusta. E’ stimolante lavorare in una rivista come questa dove il duplice aspetto motori_lifestyle deve fondersi in armonia. Spero che si veda...

TT_Era un’ esperienza completamente nuova. Come l’hai affrontata ? Avevi dei modelli a cui riferirti?

SM_Non avevo alcun modello di riferimento dato che una rivista di questo tipo non esisteva nè in Italia nè all'estero. Ho cercato quindi di ragionare partendo dal punto di vista dell'uomo e di come le due ruote siano parte della sua vita quotidiana. La prima analisi è stata di valutare quale fosse il mood generale da dare alle immagini.
Bisognava impostare i servizi in modo un po' più ruvido rispetto ad un mensile generalista e ho quindi cercato una linea che fosse concettualmente unitaria per tutti i servizi.
Ciò che è stato più duro (e lo è tuttora) è sviluppare le immagini delle “prove moto” e proprio per questo la scelta stilistica e di linguaggio è stata quella di optare per fotografi non specializzati nel settore moto.
Questo permette di interpretare le due ruote in diversi modi: Alcune volte come una modella, altre come un oggetto da disegnare con la luce, altre volte attraverso l'uso di illustrazioni.
Mi piace in linea generale che i servizi fotografici facciano vivere delle emozioni e delle sensazioni al lettore e che questi non siano prettamente delle rappresentazioni visive - magari ben fatte - ma senza molto sentimento.

TT_Ti telefona un giovane fotografo per chiederti un appuntamento...Cosa speri di vedere? e cosa invece non ti interessa vedere?

SM_La visione dei portfolios dei fotografi è una parte molto stimolante ed emozionante del mio lavoro ma, non lo nego, da qualche tempo nel mondo della fotografia editoriale ( non parlo di fotografia d'arte) vedo un grande appiattimento e ciò che più mi stupisce è come questo arrivi proprio da quelle che dovrebbero essere le nuove menti della fotografia. Ciò che vedo è un uso smodato della post produzione che cerca di salvare foto che non hanno niente per poter essere salvate. Infatti andrebbero semplicemente buttate. Non vedo e non percepisco dai fotografi delle idee. Oggi si spacciano un po' tutti per ritrattisti ma da quello che vedo mi domando: cosa è veramente un ritratto ? Basta che il soggetto guardi in macchina ? Ovviamente no … Manca una cultura di base e questo si percepisce chiaramente nelle foto. Con i fotografi mi piace instaurare un rapporto di scambio e di interazione di idee. Quelli con i quali lavoro più frequentemente mi propongono storie da realizzare, mi parlano dei loro progetti o semplicemente mi chiedono un'opinione; non stanno fermi ad aspettare la chiamate del photo editor che gli commissiona il lavoro. Questo credo sia il modo giusto di interfacciarsi con una rivista, non restare immobili ad aspettare la chiamata...

TT_Come vedi il futuro dell’editoria e dei giornali di immagine in generale?

SM_Questa è una domanda che in realtà prevede risposte multiple: da una parte credo che, stampate su carta, resteranno solo le riviste d'alto livello visivo, mentre quello che oggi viene pubblicato su mensili o settimanali si riverserà sul web e questo porterà ad un approccio lavorativo differente sia da parte dei photo editor sia da parte dei fotografi. Non basteranno più una decina di foto buone a servizio, ma dovranno essere molte di più, ci dovrà essere una storia, un percorso e quindi l'approccio del fotografo e quello del photo editor dovrà essere di maggior respiro.

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The beautiful Alice Etro for "Style" Magazine.













Alice Etro
"Style" magazine
November issue.


Photographed by Toni Thorimbert
Styled by Daniela Stopponi

Backstage photography by Claudio Rizzolo.

Meet Benassi, Benedusi and Thorimbert: "Zingarate" at the No Panic gallery.

Quest'anno la No Panic Gallery di Savignano sul Rubicone resta aperta ben oltre le solite date settembrine del SI FEST e organizza "Zingarate".
Giornate di incontri umani animate dalla coinvolgente energia del grande Chico (De Luigi) come sempre scortato dalla sua "posse".
Di cosa si tratta lo potete leggere, se non capire, qui sotto:

ZINGARATE!


JACOPO BENASSI
SETTIMIO BENEDUSI
TONI THORIMBERT


NO PANIC GALLERY
Corso Vendemini 57
Savignano sul Rubicone

Sabato 13 novembre dalle ore 15.00

Un evento totalmente gratuito creato da
NO PANIC PROJECT

"Dovrete trovarvi nel bel mezzo di una Zingarata per capire di cosa non stiamo parlando.
Saranno 3, partiranno il 13 novembre e nessuno sa dove arriveranno, né di che si tratterà.
Neanche chi le ha organizzate lo sa.
Saranno incontri con fotografi, questo è sicuro.
Quello che succederà durante dipenderà: dagli ospiti degli appuntamenti, dai partecipanti alla zingarata, dal clima che si creerà tra una parte e l’altra (se, e fino a quando, resteranno due parti distinte).
Quando si sarà fatta ora, si andrà a cena tutti insieme e se ce ne sarà voglia ci sarà anche un dopo cena.
Aspettatevi di tutto. Quindi non aspettatevi niente.
Quando succederà quello che succederà capirete fino in fondo perché non era prevedibile.
Anzitutto perché non c’erano ancora le persone: sono loro che fanno la Zingarate. Non viceversa.
Se c’è una condizione alle Zingarate, è questa: la massima libertà di rispettare gli altri. Ci sarà un inizio e una fine, ma non saranno necessariamente in quest’ordine.
La prima Zingarata partirà dalla vetta. Dalla cima di tre colossi della fotografia Made in Italy: Sono stati fotografati insieme più di una volta.
Hanno 10 occhi in tre e ve li punteranno addosso tutti".


Jacopo Benassi il flash ce l’ha per vizio.
Ne parla come fosse una questione di principio. Invece è un vizio.
Il flash gli serve per prendere i soggetti e sbatterli dentro le sue foto. Vedetela nuda, masticatela cruda, ma questa è forza bruta allo stato brado.
Chi ne sa lo dipinge artista, lui si fotografa stronzo.
Un paio di anni fa ha dichiarato che cominciava a sopravvivere con la fotografia. Dopo due anni noi ci chiediamo: riuscirà la fotografia a sopravvivere con lui che ha indetto il primo sciopero dell’immagine?



Prendi una modella, mettila in posa da figa e lascia che ti aspetti per ore sotto un sole caraibico: qualsiasi donna si lascerebbe arrostire pur di farsi fotografare da Settimio Benedusi.
Dietro gli occhiali nasconde, ma neanche tanto, occhi con i superpoteri: sembra un rappresentante e invece è uno dei fotografi che ha fotografato più fighe in posa da fighe. Infatti sembra un rappresentante di fighe.
Potrebbe anche sembrare un giornalista di finanza che fa foto per sport e invece, o infatti, fa foto per Sport Illustrated. Vedere le foto di backstage di lui che fotografa le suddette fighe è come vedere un bambino beccato con le dita nella marmellata, che invece di scappare si butta a capofitto nel barattolo, con tutti i bermuda, le infradito e gli occhiali.
Ah! Ha scritto di sé “Parlo di tutto con tutti”.



Quando scatta lui, la macchina fotografica diventa automaticamente un oggetto fatto per amare.
Porta gli anelli come fosse un cardinale che sa già di diventare papa.
Porta gli occhiali da vista in testa con la stessa nonchalance con cui uno skater in volo resta attaccato al suo skate e con la stessa imponente eleganza con cui le regine, oggi, portano cappelli piumati e i re, una volta, portavano corone d’oro massicio.
Lo guardi e pensi: “Gli manca solo la “r” moscia”. Lo ascolti e pensi: “Solo la r moscia gli mancava”.
Lo guardi mentre fotografa e ci vedi tutto il gusto di uno che non vede l’ora di riguardarsi le foto che ha scattato.
Le foto che fa gli piacciono, e si vede.
Il top è quando fotografa se stesso e infatti, in una foto con le sue due figlie, Toni Thorimbert è oltre ogni ragionevole certezza l’autoritratto della felicità.



Le prossime zingarate:

Sabato 18 Dicembre 2010 h.15.00
Lady Tarin

Sabato 8 Gennaio 2011 h.15.00
Cristina e Marco Onofri

ZINGARATE!
NO PANIC GALLERY
Corso Vendemini 57
Savignano sul Rubicone
Un evento creato da
NO PANIC PROJECT


Testi a cura di Patricia De Croce

"Short cut" a fashion essai for "Io Donna" magazine, styled by Silvia Meneguzzo.

Qui sotto una selezione dalle pagine di Io Donna.
Il giornale è in edicola, senza il Corriere della Sera, fino a sabato prossimo.















Qui sotto immagini dal backstage:



Karina



Da sinistra, di spalle Silvia Meneguzzo, Roman Gasser, Gianluca Guaitoli.



Celine on the way...





Io Donna
Short cut
Photographed by Toni Thorimbert
Styled by Silvia Meneguzzo
hair: Gianluca Guaitoli
Make up: Roman Gasser
Models: Karina, Melinda, Celine.


Backstage photography by Claudio Rizzolo.

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Musician, movie director and amateur fighter Federico Zampaglione for "Sportweek" magazine.



Qui sopra l'apertura del servizio come appare su Sportweek di questa settimana.
Il nuovo disco dei "Tiromancino" si intitola "L'essenziale".
Nel brano che apre l'album "un mondo imperfetto" canta:

"ogni volta rialzarsi
con il cuore tra i denti
e dover poi combattere ancora
nonostante il dolore che senti
spolveri tutti i tuoi trucchi
e intanto non vedi
nessun altro obbiettivo che quello
di stare in piedi"


A questo punto si sarà capito che Zampaglione è un grande appassionato, e praticante, di boxe così, in occasione dell'uscita dell'album, sono andato a fotografarlo nella palestra romana dove si allena.
Qui sotto altri scatti, di cui alcuni inediti, dal servizio.









Qui sotto alcune foto dal backstage.
Le foto sono state scattate alla palestra Monti, Roma.







Federico Zampaglione photographed by Toni Thorimbert
Backstage photography by Claudio Rizzolo.


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Robert Doisneau



Robert Doisneau photographed by Toni Thorimbert, Paris, 1983

Vista a Milano, da Forma, una bellissima mostra di Robert Doisneau.
L'ho incontrato negli anni ottanta, a Parigi.
Un impermeabilino beige. Ometto già anziano. Sveglio ma anonimo.
Pensando di essere molto furbo gli ho detto: - Si veste così per poter scattare passando più inosservato?- e lui, squadrando il mio chiodo nero di pelle e le borchie: - Dipende, certo non ad un raduno di rockabilly...-


Forma

Fondazione per la fotografia
Piazza Tito Lucrezio Caro 1
20136 Milano.

Robert Doisneau
Dal mestiere all'opera e
Palm Spring 1960.


Fino al 17 Novembre.

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