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Febbraio 2010
Il banco ottico, o macchina a lastre, 4x5 Inch. o “10X12” è stata per anni la mia macchina preferita, quella con cui a scuola ho imparato a fotografare e con la quale, fino alla metà degli anni ’90, (quando sono passato ad usare maggiormente le Rolleiflex biottica) ho fatto di tutto: dai ritratti alla moda, fino al reportage.
Bene la descrive Gabriele Basilico* “Uno strumento elementare e semplicissimo che consente fotografie di grande nitidezza, offre la possibilità di correzioni prospettiche ma , soprattutto permette di guardare non condizionati dal mirino”
Alla fine la questione è farci la mano e abituarsi a mettere il cavalletto, sempre e comunque. Dice ancora Basilico “la macchina di grande formato, con il cavalletto e suoi necessari tempi di preparazione, aiuta a vedere con gli occhi e non con la macchina, abituando a guardare per fotografare”
Dettaglio non da poco. Ma io, che con il “banco” ci ho sempre fotografato persone, dico che, sopratutto, porta anche il soggetto ad assumersi il suo ruolo con maggiore disciplina. Insomma con il 10x12 fotografo e soggetto sono costretti, per ragioni tecniche, a mettere, nell'esperienza della fotografia, un impegno reciproco decisamente maggiore che con qualsiasi macchina a mirino.
Con l’avvento delle macchine digitali, funzionali ma un pò anonime, e tutte drammaticamente piccole, questa meravigliosa concentrazione rituale prodotta dal banco ottico si era perduta e mi ero trovato a rimpiangerla, non tanto o non solo per la (favolosa) qualità tridimensionale della pellicola ma proprio per quella specie di “teatro” che questo tipo di macchina ti costringeva a creare per fotografare.
Sono stato quindi felicissimo di usare un banco ottico Sinar con dorso digitale per un servizio di moda uscito ora in edicola su Io Donna.
La macchina è stupenda, gli obbiettivi (Shnaider) pure. la resa e i fuochi sono quelli inequivocabili del banco: tridimensionali e profondi. Ha il suo vetro smerigliato in cui vedi rovesciato, e il rituale è perfettamente salvo in tutti i suoi aspetti perché, per esempio, una volta messo a fuoco, per poter scattare, devi far scorrere il dorso digitale al suo posto, il che corrisponde perfettamente al tempo tecnico che con la pellicola era necessario per infilare lo chassis nella macchina.
Qui, in più c'è la fortuna di poter scattare quanto si vuole, senza dover spedire ogni venti o quaranta scatti l’assistente in camera oscura a ricaricare gli chassis…
Qui sotto, alcune pagine dal servizio di moda per Io Donna realizzato con la Sinar 10x12.
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Io Donna
Pret-a-Porter SS 2010
Photographed by Toni Thorimbert
Styled by Silvia Meneguzzo
Hair Gianluca Guaitoli
Makeup: Roman Gasser
*Gabriele Basilico: "Architetture, Città, Visioni" Bruno Mondadori, Pagg. 91/92
la Sinar digitale è noleggiabile presso lo Studio Santa Veronica, Milano.
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