"Avedon: At work In the American West" By Laura Wilson.



“Richard Avedon was fifty-five years old in October of 1978 and at the top of his game”


Spendido, secco inizio per il libro che racconta in preziose immagini di backstage la personalissima epopea del fotografo Richard Avedon che culminerà con il libro e la mostra “In the american West

Eh, si, nel ’78, a 55 anni Avedon era probabilmente il più famoso, e ricco, fotografo americano.

Fotografo di moda al top assoluto, appena celebrato da una retrospettiva al Metropolitan Museum of Art, ritrattista ormai leggendario, avendo già largamente fotografato tutti i potenti della terra, compresi quattro presidenti degli stati Uniti e, unico fotografo nella storia ad apparire sulla copertina di Newsweek.

“Volevo che l’energia della persona venisse fuori dal bianco, vivida e unica, senza la distrazione del paesaggio”
dice Avedon descrivendo la scelta di fotografare il suo “Far-West” americano davanti ad un fondale di carta bianco, e ancora “ Nel West, ho lavorato con grande, grandissima, intensità. Ho fotografato ciò che mi fa più paura: invecchiare, la morte, e la disperazione di vivere.”

Mandriani, ladruncoli, carcerati, minatori, operai, vagabondi.
E’ nelle loro facce che Avedon ricerca la chiave dei suoi sentimenti più ancora che la descrizione di un popolo. Il West è una frontiera, terra di conquista. In quel confine Avedon cerca, e trova, i volti che daranno la forma che mancava al suo lavoro e, forse, al suo travaglio interiore.

Sei estati di lavoro, dal 1979 al 1984.

Avedon, i suoi due assistenti e Laura Wison attraversarono 17 stati e fotografarono in 189 città.

752 persone furono ritratte per questo progetto e furono scattati 17.000 negativi in bianco e nero in formato 20x25,

123 furono i ritratti scelti per la mostra. I negativi sono conservati negli archivi del museo e, secondo precise indicazioni di Avedon, non potranno mai essere ristampati.
Tutti gli altri negativi sono stati distrutti.


Il curatore del museo, Mitch Wilder, il primo a credere a “ In the American west” e ad ottenere i finanziamenti per questo enorme progetto morì di leucemia fulminante nel 1979, senza mai averne visto neppure uno scatto.






Dettaglio di stile: La valigia di Vuitton.










La triste storia di Benson James. Morto nel 1980. cinque anni prima dell'inaugurazione della mostra.



Lavorando a tempo pieno su questo progetto, Ruedi Hofmann e David Liittschwager impiegarono un anno e mezzo per realizzare le 123 stampe per la mostra.

Nell’estate del 2003 Avedon torna in Montana. Ha quasi 80 anni. Tra le altre, ha seguito negli anni le travagliate vicende della famiglia di un piccolo allevatore, Robert Wheatcroft. Si incontrano, parlano a lungo. Incontra anche uno dei figli, ormai grande; Tutto è cambiato, negli anni: Non più fattoria, non più bestiame.
In auto, tornando all’aereoporto confida alla Wilson: “ Veniamo, scattiamo le nostre foto e ce ne andiamo.... Mi sento come se stessimo disertando. Vorrei non aver mai smesso di fotografare la gente che abbiamo incontrato. Vorrei che questo progetto fosse durato tutta la mia vita”.

Per me, questo libro è un must assoluto. Si può ordinare con Amazon.com


"Avedon at work in the american West"
Laura Wilson
University of Texas Press, Austin.

22 commenti:

Anonimo ha detto...

I' ve just bought the book "the photographic error" as you recommend......I ve just quickly read the introduction but I want read again...I like it

cito dal libro
"...Bachelard dice "la conoscenza é "una luce che proietta sempre ombre da qualche parte"ed é percepibile soprattutto grazie a queste.

...é nelle sue ombre, nei suoi scatti errati,nei suoi accidenti e nei suoi lapsus che la fotografia si svela e meglio si lascia analizzare
Errore fotografico come strumento cognitivo

That' s just the beginning...
I've just read something about Diane Arbus ...she was amazing...

In the past women like Diane, Virginia Wolf, Sylvia Plath, Anne Sexton, Dalida committed suicide ...non so perché ma questa cosa mi lascia sempre molto pensare....donne intelligenti, moderne nel loro modo di essere che scelgono di non vivere ...
Non ha nulla a che fare con la fotografia ma é una cosa che mi rende sgomenta...

Un mio amico assomiglia ad Avendon gli stessi occhi grandi...sono andata su youtube ho visto alcuni filmati di Avedon...ho ascoltato la sua voce, grande fascino, leggero' anche il libro.

Richard Avedon: Darkness and Light 9 parti su youtube
l'ultima parte finisce con una bellissima risata di Avedon...parla anche di una sua esperienza con il sacro in una sinagoga in Europa...
Avedon non c é piu' ... le persone vanno via é triste

have a nice week end... bye bye

anonimo Maria

settimio ha detto...

in una delle prime pagine c'è una foto dove Avedon parla con uno dei personaggi che stava per ritrarre. Laura Wilson giustamente commenta e sottolinea che la postura del corpo dei due è identica, come se il fotografo volesse essere totalmente empatico con la persona che avrebbe ritratto: questa cosa mi ha molto colpito...

Anonimo ha detto...

When the sitting is over, I feel kind of embarrassed about what we’ve shared. It’s so
intense. Snapshots that have been taken of me working show something I was not aware
of at all, that over and over again I’m holding my own body or my own hands exactly like
the person I’m photographing. I never knew I did that, and obviously what I’m doing is
trying to feel, actually physically feel, the way he or she feels at the moment I’m
photographing them in order to deepen the sense of connection.
-Richard Avedon, 1985

Anonimo ha detto...

I believe in maniacs. I believe in type As. I believe that you’ve got to love your work so
much that it is all you want to do. I believe you must betray your mistress for your work,
you betray your wife for your work; I believe that she must betray you for her work. I
believe that work is the one thing in the world that never betrays you, that lasts. If I were
going to be a politician, if I were going to be a scientist, I would do it every day. I wouldn’t
wait for Monday. I don’t believe in weekends.
If you’re headed for a life that’s only involved with making money and that you hope for
satisfaction somewhere else, you’re headed for a lot of trouble. And whatever replaces
vodka when you’re 45 is what you’re going to be doing.
-Richard Avedon, 1988

Anonimo Maria

Anonimo ha detto...

I've worked out of a series of no's. No to exquisite light, no to apparent compositions, no to
the seduction of poses or narrative. And all these no's force me to the "yes." I have a white
background. I have the person I'm interested in and the thing that happens between us.
-Richard Avedon, 1994

Anonimo Maria

Anonimo ha detto...

It's been important to all my life not to let go any of the things that most of the people would throw in the ash.
I have to be in touch with my fragility, with a man in me, a woman in me, the child in me, the grandfather in me all these things have to be kept alive. I do photographs of what I am afraid of, things that I couldn't deal with without the camera, my father death,madness, when I was young women.
I didn't understand, it gave me a sort of control over the situation and by photographing what I was afraid of, what I was interested in I explore and learn and laid the ghost out of my system in the page.

Richard Avedon- Darkness and light

Anonimo Maria

Anonimo ha detto...

One of the grater joy in life is watching light, to spent an afternoon watching the light moving, clouds cross the sun.
The lessons to be learned about light by just observing ...

In every face there is a story.

Fashion is one of the reachest expressions of human desires, ambitions,needs, frailty, insecurity, security.
What we wear is an indication of the sense of ourselves.
It s a gift....Fashion has been all our history ..look the Goya, Velazquez...
Look what they are wearingis fashion...

Richard Avedon

anonimo Maria

clauderizzolo ha detto...

Bellissimo libro, grandissimo fotografo. Una fonte d'ispirazione che non si puó ignorare, una dimostrazione che non solamente a quarant'anni puoi produrre il lavoro di una vita, ma anche ben piú in lá. Grazie Toni per aver condiviso queste pagine!

Alessandro Bianchi ha detto...

Giustissimo Claude!!!
Noi che ci occupiamo di fotografia il minimo che possiamo fare é riempire gli scaffali, ma soprattutto le nostre testoline, con le immagini e le parole dei mostri sacri dello scatto.
Ci sono dei libri che riguardo e rileggo spesso, e non sono mai uguali... Ma forse sono malato io...
Tra quelli che non ho c' é quello di Toni, ma provvederó presto a comprarlo.

Matteo Oriani ha detto...

Avrei due riflessioni.
1) I negativi non usati per il progetto sono stati distrutti. Dai negativi scelti non si possono più fare stampe.
Si discute tanto di photoshop oggi e di quanto le foto possano essere manipolate, stravolte, rovinate, completate o migliorate. Una volta si faceva la “postproduzione” in camera oscura e i disastri o la mediocrità erano sempre in agguato. Ieri come oggi. Ecco perché i grandi fotografi, o solo i fotografi seri, avevano con lo stampatore un rapporto collaudato e stretto, ben consapevoli che in camera oscura si poteva intervenire in modo sostanziale. Sapevano, vedi Ansel Adams con il suo sistema zonale, che quello che l’occhio vede nella stampa fotografica non rappresenta la realtà, ma la nostra percezione costruisce una immagine che suggerisce “solo” una realtà ipotetica. Questo i grandi fotografi lo sapevano e lo sanno. Tutto ciò parte dalla osservazione dello "scarto di brillanza" cioè della capacità degli oggetti di riflettere o assorbire la luce. E ancora: sapevano che esistono parti nel negativo che rimangono latenti finchè uno bravo li tira fuori in camera oscura! Ma li tira fuori in modo “artificioso” con evoluzioni di alta scuola. Ecco il vero genio della camera oscura. Tutto ciò per (tentare di) dire come il grandioso progetto di Avedon, la sua intelligenza vivace, la sua sensibilità acutissima, la sua tecnica di ripresa sopraffina, trovavano la copletezza con il lavoro di sviluppo e stampa. E se lui non poteva controllare personalmente il processo di stampa, sapeva che la sua foto non sarebbe stata quello che doveva essere: sarebbe stata una foto a metà. E perdipiù era pressochè impossibile avere 2 stampe identiche. Ecco il perchè della “stravagante” condizione posta da Avedon sui negativi.
Su un altro libro di Avedon, Evidence, a pagina 87, c’è la riproduzione di un provino con le indicazioni per lo stampatore. Bellissimo.
2) In una foto di backstage si vede Avedon con la stessa postura del soggetto fotografato.
Il commento di Settimio mi ricorda quando ero piccolo e facevo il ragazzo di bottega. Ho lavorato come assistente per Giovanni Gastel dal 1981 al 1986 o sette. Lui scattava le foto di moda con il banco ottico 20x25. Aveva in mente la foto, metteva le luci e faceva l'inquadratura sotto il telo nero. Poi andava dalla modella e mimava con il corpo la posizione che voleva che assumesse (e dài con queste consecutio...mi incasino sempre). Era uno spettacolo osservare la scena. Nasceva una danza in cui la modella seguiva il fotografo fino a raggiungere “la posizione”. Peccato che all’epoca non mi era venuto in mente di fare foto di backstage. O forse non c’era il tempo: quando arrivava il momento di scattare, il banco 20x25 diventava come una Nikon con il motore!
@ Anonimo Maria: are you learning by heart?

Anonimo ha detto...

What do you mean by heart?

Everything I do is by heart even to breath...even to answer you...
Do you think something different?

Why is so great Avedon for you?

Anonimo ha detto...

sorry...forgetting name

by anonimo Maria

Matteo Oriani ha detto...

"Learning by heart" (letteralmente "imparare con il cuore") significa "imparare a memoria", in modo da comprendere e fare proprio qualcosa che si impara. Credo derivi dal fatto che gli antichi greci erano convinti che l'intelligenza, e quindi la memoria, risiedessero nel cuore. Learning by heart si usa, per esempio, quando impari una poesia a memoria o una sceneggiatura a teatro. E' un'espressione ben diversa da "learning by rote" che significa sempre imparare a memoria, ma in modo meccanico. Per esempio quando studi le tabelline. Da questo si comprende anche che la lingua inglese è più ricca di quella italiana in cui una stessa espressione (imparare a memoria) si usa indifferentemente per indicare due modi di apprendere concettualmente diversi. Ooooh, come sono pedaaaaaante!
@ Anonimo Maria: didn't you know that?

Anonimo ha detto...

Matteo as I told you before I do not think that you are pedant and I appreciate what you are teaching me.

I want to learn more and more and more ....

and more I learn more I know that I do not know...

I do not think you can compare english language with italian language...sorry

But what I like in English language is that you can talk faster, Italian language is more complicated, sentences are longer and finally I really love english sound.

To appreciate Shakeaspeare you have to read in English the sound is
something unique...
But Shakeaspeare is unique as Leopardi or some other artists...

Life for me is not a race were one have to win and the other one is the looser...We live, we learn,we struggle, we lose so many times and we love... we try to do our best...
even we hate unfortunatelly...

But at the end we learn that life is too short to lose time quarrelling or judging...

Avedon for me as I listen to the video in youtube was a wonderfull person so deep...that's why his photos are so great so full of beauty.

He didn't lose time judging people...but try to understand was inside people...

To his assistant that was asking an opinion about his photo he always answered "The photos are yours I m not nursing..."

He was jew and his education and behaviour and upbringing was so strict, his childwood wasn't so easy, he didn't have love from his father...

His sister had mental problems, her shyness was so deep but in the same time was so beautiful...Luise...
Luise was his model...

Avedon é ricco di sfumature umanita' e intelligenza... ecco perché le sue foto sono belle, perché aveva una percezione della realta' ricca... cio' lo rendeva speciale e rendeva speciali le cose che faceva....il suo studio come la sua camera quando era giovane era piena di biglietti foto attaccati ai muri per dare ordine alle cose che erano importanti nella sua vita ...

Io credo che prima di essere un grande fotografo era un grande uomo ...con le piccole assurdita' di tutti gli uomini ma con una profondita' e capacita' di sentire gli altri che lo rendeva speciale... un grande artista

Avedon con i suoi occhioni grandi...
se dovessi disegnarlo disegnerei i suoi occhioni grandi...
la curiosita' verso la vita...

...era una persona speciale...

Bye bye
anonimo Maria

Anonimo ha detto...

dimenticavo ....

@ Anonimo Maria: are you learning by heart?

@Anonimo Maria: didn't you know that?

@ Matteo...Rimango perplessa spero di non aver capito il senso della tua domanda...
otherwise I will be without words...

Ho utilizzato il blog d Thorimbert
(e mi scuso se non apprezzato) per annotare le frasi di Avedon ... per me significative ...ho utilizzato il blog come un taccuino su cui prendere nota...volevo condividere qualcosa che per me é significativo con voi... perdonami per averlo fatto é noto che é stato poco apprezzato e missunderstood...

Se volevi ergerti come saccente della situazione é alquanto deludente e poco intelligente mi fermo qui...spero di aver capito male non per me ma per te, perché ti ritengo una persona con spessore intelletuale ...basta... time is too important for lose it in this way.

...no words at all...... ma per scrivere nel blog bisogna armarsi di Bazooka?
Voglio essere libera di scrivere e dire cio' che sento e penso... rispettando naturalmente lo spazio messo a disposizione dal maestro Thorimbert...

anonimo Maria

Anonimo ha detto...

scusatemi come sempre per gli errori ma scritto in velocita' bye

Toni Thorimbert ha detto...

Eh...ragazzi, bellissimi contributi, grazie mille a tutti e specialmente ad anonimo Maria che ci ha fornito ancora maggiori spunti di riflessione..Thank you very much...direi....A Matteo direi, si, conosco bene la faccenda di mimare il tuo soggetto. Che sia una modella a cui vuoi trasmettere una posizione o quell'empatia che ti prende quando fai un ritratto e che ti porta a gesticolare, a parlare come il tuo soggetto. Personalmente , tanti anni fa vidi una bellissima foto fatta a Fellini, anzi, erano più foto, che lo ritraevano sul set, mi pare fosse la "città delle donne", e si vedeva bene questa cosa, infatti Fellini sembrava anche ridicolo. Ricordo che fui molto colpito. Io avevo molta paura del ridicolo, di sembrare ridicolo, ma quando vidi fellini pensai, se lui fa così dev'essere una buona cosa, e così piano piano mi sono lasciato andare sempre più dimenticandomi di me stesso o di cosa posso sembrare a chi mi sta intorno quando impersonifico quel sentimento o quella "cosa" e ho bisogno di trasmetterla per ottenerla dagli altri. naturalmente c'è anche il rovescio della medaglia. Certe "cose" vengono solo a me, in quel modo. Allora bisogna anche saper cogliere, velocemente, la diversià, l'unicità dell'"altro"e dargli spazio e fare in modo che arricchisca la nostra foto e la nostra esperienza. Oggi vedo la "cosa" sempre più come un balletto energetico, una specie di corrida incruenta, perlomeno fisicamente, dove cerco di dosare i miei movimenti e la mia energia in modo da ottenere dall'altro un risultato che sia, si, vicino ai miei desideri ma anche la somma prodotta dal nostro incontro e dalla nostra diversità.

T

Matteo Oriani ha detto...

Comunicazione di servizio.
Anonimo Maria: cerco sempre di mettere un pizzico di ironia nei miei interventi. Anche se si parla di roba seria. Dài, dovresti saperlo ormai...non prendiamoci troppo sul serio!

Anonimo ha detto...

Matteo ironia o sarcasmo?........

non é che guardi troppo Mr Bean?
...visto il tuo british humour

...Non vi freghera' nulla ma per la cronaca, sappiate tutti che l'anno prossimo studiero' cinese ...
Avrei preferito studiare giapponese
ma il cinese é una lingua piu' diffusa e molto piu' utile...
e quindi preparatevi ai commenti in cinese...sempre che la tastiera me lo permetta...

bye

Maria

Anonimo ha detto...

...Ieri sera camminando nel parco con il mio cane pensavo che é tutto STRAORDINARIO ...

leggendo alcune pagine che raccontano lo scorrere delle sue giornate, dei suoi incontri, dei suoi interessi, il suo lavoro e poi alcune confidenze di una mia cliente con una vita completamente diversa dalla sua e per certi versi dura, mi hanno fatto pensare che ogni persona é un mondo pieno di tantissime cose...pieno di momenti, gioie, desideri, sofferenza, ricordi, rimpianti, amori, progetti e lotta a volte persino cruenta...

molteplicita' straordinaria...vite completamente diverse ma cosi' ricche

...peccato che le persone non si possano sfogliare come i blog...


... ho trovato una frase bellissima che rubo e porto via...

... ogni scatto è allo stesso tempo un gesto di amore e di addio...
E' cosi' vero e forse fa un po' paura proprio per questo, momenti che vanno via e non tornano piu'

Piano piano leggero' tutto il blog ... oltre il magnesio che prendo tutti i giorni, leggo alcune pagine del suo blog

Matteo spero che tu abbia capito che era solo una battuta me lo hai detto tu di ironizzare...

have a good week end

bye bye

anonimo Maria

Alessandro Bianchi ha detto...

Ragazzi mi mancate.
Da un po' di tempo a questa parte il lavoro non mi da tregua.
Tra borse, scarpe, cinture, cosmetici e gioielli, scatti e post produzione, organizzazione e sopralluoghi, la direzione della fotografia di un film e cene con clienti, varie ed eventuali non ho nemmeno il tempo per veder crescere i figli.

Adesso sono in auto, sto rientrando da un lavoro, il cambio automatico messo in modalità sequenziale, cruse control disattivato, sigaretta, clima artico, un vecchio cd dei casino royale a volume tamarro e il mio fido blackberry per comunicare con chiunque. Il tutto per cercare di evitare il famigerato colpo di sonno...
E per farvi un saluto.
W Avedon, W Toni, W tutti i grandi maestri e mostri sacri della fotografia.
W la fotografia.

Anonimo ha detto...

potere del backstage, senza dimenticare la lezione di Edward Hopper

vilma