The interview: the internationally renowned publisher Mario Peliti in conversation with Laura Incardona
Mario Peliti photographed by Toni Thorimbert in Arles, 2013.
Mario Peliti ( veneziano mancato ) ha l’aplomb e l’ironia di un gentleman inglese, detesta essere abbracciato e baciato in pubblico e coltiva diverse passioni ossessivo/compulsive tra cui, in ordine sparso: il sushi, la qualità di stampa, i cani, il Gin Tonic, le cravatte di Hermes, le pentole e i piatti.
Laura Incardona lo ha intervistato per il Blog:
Laura Incardona: Ciao Mario, tu pubblichi libri fotografici bellissimi, stampati nella maniera migliore. Ho appena sfogliato "Qui, altrove" di Pentti Sammallahti. Il bianco e nero è incredibile: viene voglia di passare le dita sulle pagine per toccare quell’effetto profondo e vellutato.
Ci puoi raccontare da dove nasce il tuo amore per la fotografia?
Mario Peliti: E’ una storia un pò complicata ma per farla breve direi da un viaggio in Scozia, anche se la fotografia è sempre stata presente in famiglia. Per casa girava un banco ottico del mio bisnonno, Federico Peliti: scultore, decoratore pasticcere, imprenditore e, appunto, fotografo.
Dopo la maturità, malamente presa, con un mio amico sono andato in Scozia. Pioveva sempre e avevamo 5 sterline a testa al giorno da spendere al pub. Lui aveva al collo una Canon FTB e si portava dietro un cavalletto.
Mario Peliti + Luigi Bernardo. Fort William, Scotland, 1977. Photographed by Luigi Bernardi.
Tra un whisky e una birra parlavamo di fotografia e in omaggio a Benedetto Croce condividevamo l’idea che la fotografia rappresentasse la forma di espressione artistica che più di ogni altra sintetizzava il rapporto tra intuizione ed estrinsecazione: la fotografia come dimostrazione dell'avvenuta intuizione.
Osservavo Luigi, il mio compagno di viaggio, fotografare, ed ero affascinato sia dall'oggetto-macchina sia dalla gestualità che il suo uso comportava.
L’anno successivo, studente di architettura, ho convinto mio padre che era fondamentale per i miei studi andare a fotografare gli edifici di Alvar Aalto in Finlandia. E che sarebbe stato altrettanto fondamentale per me avere una Nikon. Da lì in qualche modo è iniziato tutto. Di tanto in tanto rinfaccio a Luigi, a consuntivo, il costi provocati da quel viaggio».
"Daguerre", Mario's dalmatian, in a picture shot in Rome by Joel Peter Witkin, 1995
L.I: Poi la fotografia è diventata anche parte del tuo lavoro.
M.P: I miei genitori avevano una tipografia ma io, conscio della mia incapacità di fare l'industriale, dopo qualche anno, ho aperto uno studio di progettazione grafica.
A metà degli anni Ottanta un cliente mi ha chiesto delle idee per una campagna rivolta ai ginecologi. All’epoca conoscevo solo i nomi di tre fotografi: Henri Cartier-Bresson (del quale Donatella – ora mia moglie, allora compagna di studi e molto paziente fidanzata – mi aveva regalato la stupenda e costosissima monografia realizzata da Robert Delpire nell'edizione di Thames & Hudson), Gianni Berengo Gardin e Fulvio Roiter.
Ho preso coraggio e ho contattato Berengo per realizzare una serie di piccoli libri dedicati alle donne.
Così è nata la casa editrice: il contenuto dei piccoli fascicoli è stato riunito in un unico volume e le foto successivamente esposte in una mostra a Palazzo Braschi.
In fondo, basta pubblicare un libro per diventare editore.
Gianni, che di editori ne aveva parecchi, mi presentava ai suoi amici fotografi definendomi “il suo editore romano”.
Da lui sentivo parlare di Franco, Letizia, Josef, Gabriele.
Io non sapevo proprio chi fossero, ma non volevo dirlo.
Con il tempo ho conosciuto Franco Zecchin, Letizia Battaglia, Josef Koudelka, Gabriele Basilico. E li ho pubblicati tutti.
Mario Peliti at his desk @ Peliti Associati headquarter. Rome, 2011. Photographed by Toni Thorimbert with IPhone.
L.I: Incontri importanti... Ma quali definiresti fondamentali?
M.P: Gianni Berengo Gardin per i motivi che ho detto, se Peliti Associati esiste è colpa, o merito, suo, Roberto Koch, per ragioni molto diverse e Giovanna Calvenzi. La sua competenza, passione, generosità mi confermano ogni giorno l'inutilità del mio ruolo: è la persona con la quale mi confronto su ogni idea.
L.I: I tuoi libri sono sempre stampati in maniera eccellente.
M.P: E’ un vizio di famiglia: mio padre era un editore raffinatissimo.
Mi ha insegnato la dimensione artigianale dell’editoria, ad amare gli odori dell'inchiostro, della carta e della loro combinazione, a rispettare e a stuzzicare l'esperienza degli stampatori.
Anni fa, quando compravo un libro, prima di aprirlo, lo annusavo quasi fosse un tartufo: mi divertivo a indovinare dove fosse stato prodotto dal suo odore.
I libri americani puzzavano di colla cervione.
Quando ho cominciato ero talmente folle che controllavo, una volta stampati, tutti i fogli stesi sui bancali prima di mandarli in legatoria.
Ero l'incubo del mio tipografo, una persona amabile. Quando entravo io, usciva lui.
Ormai la qualità media della stampa è talmente migliorata che non posso affermare che un mio libro sia stampato meglio di altri. Anzi.
Dopo oltre 25 anni di onorato servizio, posso dire che la qualità di stampa non rappresenta un aspetto così importante; tanto è vero che questa è un'ossessione solo per gli autori emergenti; poi, una volta diventati celebri, l'unico aspetto che interessa loro è la distribuzione, il numero delle coedizioni realizzate.
Pentti Sammallahti photographed by Mario Peliti, L'Aquila, 2013
All'inizio degli anni Novanta la mia ambizione era di divenire il Delpire italiano, il tempo ha dimostrato che non ne avevo il talento.
E poi il Delpire italiano è stato Gigi Giannuzzi di Trolley; un vero talento. Non tutti i suoi libri sono belli, ma tutti "sono" di Gigi. Probabilmente tra breve smetterò di fare l'editore: è un pensiero che ciclicamente ritorna.
Oggi si producono troppi titoli, e troppo pochi sono quelli che possono giustificare l'abbattimento degli alberi necessari per la carta. I miei per primi.
L.I: In che senso?
M.P: Dei miei libri conosco purtroppo tutti i difetti. Talvolta li accetto solo dopo due o tre anni dalla pubblicazione. Di tutta la mia produzione salvo sei o sette titoli, tra questi: "In treno attraverso l’Europa" di Gabriele Basilico, "72 ore a Roma" di Helmut Newton (solo l’idea però, non l’oggetto) "Scambi" di Berengo e Basilico, "All’est dell’est" di Klavdij Sluban e tutti quelli di Antonio Biasiucci.
L.I: Hai dei rimpianti?
M.P: Non aver fatto un libro con Irving Penn sullo “sporco”: sarebbe stata una bella sfida.
L.I.: Come ti è venuta l’idea di aprire la galleria?
M.P.: Era un’esperienza che avevo già vissuto qualche anno fa: avevamo una galleria piccolissima, sempre a Palazzo Borghese: si chiamava “Minima” ma per anni ha rappresentato un punto di riferimento per la fotografia a Roma.
La Galleria del Cembalo è decisamente più grande. Paola Cavazza, amica e proprietaria degli spazi, voleva valorizzarli e farli conoscere dopo il loro restauro, e io avevo il desiderio di riprendere un'attività che mi aveva dato molte soddisfazioni.
L.I: La prima mostra, "Passaggi", è complessa.
M.P: L’ha curata Giovanna Calvenzi e presenta 12 fotografi italiani con due lavori ciascuno.
Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Antonio Biasiucci, Luca Campigotto, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Ugo Mulas, Alice Pavesi Fiori, Paolo Pellegrin, Francesco Radino, Moira Ricci, Paolo Ventura: tre generazioni di autori anche molto diversi tra loro.
Giovanna ha scelto per ognuno lavori che mettessero in evidenza un momento di passaggio da uno stile a un altro, da una ricerca a un’altra, da una storia a quella successiva. E ha fatto un mix di nomi che trovo molto interessante».
Here below some views of the "Galleria del Cembalo" and the current exhibition " Passaggi".
L.I: Una soddisfazione?
M.P: Lo European Publishers Award for Photography (EPAP): è il premio degli editori europei che abbiamo creato 20 anni fa.
Nei primi anni Novanta erano ben pochi gli editori di fotografia ed era difficilissimo realizzare coedizioni.
Ogni anno con Francesca andavamo alla fiera di Francoforte, proponevamo autori italiani così come gli altri editori proponevano autori delle proprie nazioni. Il risultato era che nessuno comprava nulla. Solo gli americani piazzavano qualche titolo a noi europei. Un giorno, in occasione di una ennesima fiera del libro, Francesca ebbe l’idea giusta per coinvolgere gli altri: uniamoci contro gli Americani!
Geniale! Così è stato creato il premio.
Come in una barzelletta il gruppo è attualmente composto dall'inglese riflessivo (Dewi Lewis Publishing), dal gioviale spagnolo (Blume), dal tedesco efficiente e decisionista (Kehrer), dal francese, ormai editore troppo grande rispetto agli altri (Actes Sud) e dal sottoscritto.
Ogni anno i partecipanti inviano i menabò e le fotografie all'indirizzo di uno degli editori promotori. Chi vince ottiene la pubblicazione del libro in tutte le edizioni.
Fra i vincitori degli anni passati ci sono autori di tutto rispetto: Bruce Gilden, Simon Norfolk, Paolo Pellegrin, Davide Monteleone, solo per fare qualche nome.
Lisetta Carmi + Mario Peliti in Cisternino, working at the layout of her antology. The book will be released in 2014. photographed by Toni Thorimbert, August 2013
L.I: Ora ci vorrebbe un’altra intervista per la tua attività di fotografo...
M.P: Per anni, a causa di un desiderio di emulazione tipico del peggior fotoamatore feticista, ho acquistato le stesse apparecchiature del Berengo: lui comprava cinque corpi macchina per ogni modello, io più modestamente tre.
Che spreco di soldi.
Ora, tanto per complicarmi la vita, sono intrigato da questo mio progetto “pornografico” su Venezia.
Dico pornografico perché il tema è l’insistenza dello sguardo, alla Araki per intenderci.
Here below: Sacca Fisola, Venice. 2013. Photographed by Mario Peliti.
Percorro e ripercorro ossessivamente, a distanza mesi, a tutte le ore, sempre gli stessi brandelli di città, inseguendo la stessa luce, nella speranza che un'immagine si manifesti in qualsiasi luogo, in ogni luogo, fino a quando penso di aver fotografato il fotografabile.
A quel punto comincio a battere altri luoghi, altri brandelli della città, inseguendo il desiderio inappagabile di fotografare tutta Venezia. Una follia che prevede la realizzazione di circa 14.000 immagini e che conto di ultimare in circa 14 anni… se il destino sarà benevolo...
Laura Incardona.
Laura Incardona, giornalista, scrive per Grazia e per "lejournaldelaphotographie.com".
Da anni ha capito che una delle cose che gli piacciono di più nella vita è guardare le fotografie (degli altri) e di scriverne appena può.
Peliti Associati (= Francesca Peliti + Mario) è un’agenzia di comunicazione e una raffinata casa editrice specializzata nella fotografia d’autore.
Galleria del Cembalo
"Passaggi"
Curated by Giovanna Calvenzi
Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Antonio Biasiucci, Luca Campigotto, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Ugo Mulas, Alice Pavesi Fiori, Paolo Pellegrin, Francesco Radino, Moira Ricci, Paolo Ventura
Palazzo Borghese
Largo della Fontanella di Borghese, 19 · 00186 Roma
http://www.galleriadelcembalo.it/ita/
Last days! The exhibition ends 28 September 2013
Peliti Associati
Viale Beata Vergine del Carmelo, 12
00144 - Roma
t +39 06 5295548
agenzia@peliti.it
Via Giovanni Battista Pergolesi, 23
20124 - Milano
t +39 02 66982357
infopeliti@peliti.it
Click on the pictures to enlarge
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Bella l'intervista, bella la scelta delle foto. Grande Mario, grande (non di statura) Laura. Ma sono di parte. Grazie Toni.
Giovanna
Quanto, tanto, ho ancora da imparare... Grazie
Posta un commento