Ci sono delle volte in cui semplicemente le cose non succedono. Con lei non erano successe, non so perché, mille motivi.
Sapevo anche che ci saremmo visti per l’ultima volta. Il bar era in Bleecker street, Soho, New York, ed era la primavera del 1994.
Arrivammo a parlare di musica, mi chiese: “cosa ascolti?” non sapevo rispondere. Probabilmente ascoltavo musica passata, rock di massa. “Sting?” dissi io, esitando. fece un cenno di diniego, con la testa, quasi a scrollarsi di dosso un fastidio. “Massive Attack”, mi disse, “ devi ascoltare Massive Attack: you must”. Pensavo fosse un gruppo Heavy Metal, ma pendevo dalle sue labbra.
La notte stessa ero a Los Angeles, lavoravo per Details Magazine. All’aereoporto dovevo noleggiare un furgone e il giorno dopo guidarlo fino a Cambria, North California. Con i limiti di velocità americani, ore di viaggio.
Impossibile senza musica. Pioveva. Sulla strada per l’albergo passai davanti a Virgin, sul Wilshire boulevard. Parcheggiai e mi diressi deciso agli scaffali della lettera “M”. Comprai una cassetta dei Massive Attack: era “Protection”.
3D, Horace Andy and Daddy G. on stage in Milano, 7 Novembre 2009Fu un colpo al cuore.
Massive Attack aveva il suono che avevo sempre sperato di incontrare, il ritmo che agognavo, le parole che mi mancavano. In Massive trovai le note oscure, minacciose, sospese che giustificavano i miei sogni e le mie immagini più personali, trovai la colonna sonora alle fotografie più intime del mio archivio, riconobbi le vibrazioni ossessive che dimoravano nascoste sotto alla mia pelle e nel mio inconscio,
La musica di
Massive Attack mi aiutò ad accettare la parte oscura di me stesso, a seguire i segnali del mio cambiamento, diventò la mia migliore alleata, il mio nutrimento, era mio fratello. Per mesi ascoltai solo
Massive Attack, poi attraverso loro, altri grandissimi:
Tricky,
Goldie,
LTJ Bukem,
DJ Krush. la lista sarebbe lunga. Da ex batterista ascoltavo solo “drum and bass”. Per me, era la morte del rock, o meglio la morte delle Rockstar, una liberazione! Finalmente non dovevi stare pigiato sotto ad un palco ad osannare nessuno, potevi ascoltare della musica straordinaria, senza sapere, o comunque fregandotene completamente di che faccia aveva chi la faceva, non era rilevante.
Massive Attack on stage Massive Attack stanno sul palco come se fossero nel salotto di casa. Non sudano, credo. Suonano e ci danno dentro, ma non lo fanno per sedurre. Il palco stesso non è davvero nulla di che. Strumenti, microfoni e, dietro, uno schermo, non enorme, che riporta statistiche, frasi, domande. In italiano. Lo stile è impegnato, socialmente corretto e abbastanza politicizzato. Dati che fanno pensare. La ricchezza del mondo, la sua povertà, ingiustizie.
Martina Topley Bird, 3D.Erano così, più o meno, anche i loro concerti visti negli anni passati. Forse facevano le cose un po’ più in grande, ma ho trovato la misura del Palasharp perfetta. Siamo tutti qui, vicini, anche se il legame che sento con la loro musica mi fa guardare un po’ in cagnesco gli altri spettatori. Sono un po’ geloso.
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Suonano, e danno l’idea di fare tutto da sè. Robert Del Naja usa un distorsore per la sua voce mentre canta, Martina Topley Bird si crea il suo stesso eco che poi manda in loop come sfondo. Horace Andy compare, completamente fuso, non so se per l’età o per altro, ma la sensazione è che si sia fumato, come minimo, la Giamaica.
Ma la sua voce è unica e meravigliosa: mentre balla, si muove appena. Una giacca elegante e un cappello Rasta.
Lezioni di stile: Chi non canta o suona, esce dal palco. Daddy G non c'è quasi mai. Sono vestiti bene, ma molto normali. Sono proprio inglesi e dannatamente cool.
Dal vivo i Massive sono più energici, più "sporchi" che su disco, e mi piace proprio.
Non sono sorpreso però, e neppure veramente gasato o entusiasta, forse sono troppo grandicello per sentirmi, o comportarmi come un fan, ma credo che sia perchè la loro musica, il loro "modo" è esattamente in sintonia con quello che amo. In fondo non mi stupiscono. Mi fanno stare veramente, veramente, bene.
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Ylenia, Horace Andy, Diana Thorimbert.
Martina Topley Bird
Horace Andy, Max Passante.
Robert Del Naja, Toni Thorimbert.Dopo il concerto, una piccola festa. Un buco, lì al Palasharp. Alle pareti il cannucciato, due frigos con birre e coke, patatine. Bello però: un DJ mette della musica, si balla, si e no saremo trenta persone, c'è mia figlia Diana, la sua amica Ylenia e i Massive. Da quella notte a los Angeles, da quella cassetta comprata da Virgin records quindici anni fa, in qualche modo un cerchio si sta per chiudere, non so nemmeno dire se, e cosa, significa per me. Non ho fatto nulla perchè succedesse. però vado da Robert Del Naja, un genio, e gli dico: "Thank you".
Con tutto il cuore.Click on the pictures to enlarge.