The interview: Stefania Molteni, photo editor, "Riders" magazine. Italy.
At work: Thorimbert, the Suzuki-Rizla umbrella girls and Stefania Molteni.
Misano, September 2009.
Photographed by Niccolò Rastrelli.
TT_Puoi raccontarci le tappe salienti del tuo percorso professionale?
SM_La mia prima tappa alle scuole elementari: Un corso di fotografia con il foro stenopeico. Poi ho fatto il D.a.m.s a Bologna e la Bauer a Milano. Poi stage da Grazia Neri. Archiviavo diapositive. Lo trovavo un lavoro noiosissimo, salvo capire anni dopo quanto mi era stato utile vedere tutte quelle foto. Dopo Grazia Neri sono stata da Franca Speranza: sceglievo e gestivo fotografi di arredamento e di reportage, e poi (e questa è stata senz’altro la mia esperienza più formativa) ho lavorato da Blob Creative Group. Lì ho avuto modo di imparare e mettere in pratica gli step necessari per coordinare la produzione dei servizi, lo studio della costruzione dei book fotografici ed ovviamente perfezionare quelle che erano già le mie basi per intrattenere i rapporti con i fotografi.
TT_Quali sono i fotografi( o le fotografie) che ritieni siano stati parte fondante del tuo background come photo editor?
SM_Più che parlare esclusivamente di fotografia bisognerebbe parlare di arti visive a tutto tondo ovvero, pittura, cinema e scultura. Credo infatti che essere photo editor non voglia dire conoscere solo la fotografia ma sapere valutare anche altre forme visive. Comunque senz’altro citerei Newton, Avedon, Capa, Natchwey, Giacomelli ma anche Saudek e David La Chapelle.
TT_Quando sei entrata a Riders il giornale era appena nato...
SM_Sì, e per me è stata sicuramente una sfida. Non conoscevo il mondo delle due ruote, sapevo solo chi era Valentino Rossi...
Devo dire che è stato il direttore, Roberto Ungaro, a rassicurarmi e spronarmi dicendomi di non preoccuparmi del fatto che non sapessi nulla di moto perché era proprio una persona così che voleva. Voleva creare qualcosa di diverso nel panorama tutto uguale delle riviste di moto.
Dopo tre anni a Riders ritengo di aver fatto la scelta giusta. E’ stimolante lavorare in una rivista come questa dove il duplice aspetto motori_lifestyle deve fondersi in armonia. Spero che si veda...
TT_Era un’ esperienza completamente nuova. Come l’hai affrontata ? Avevi dei modelli a cui riferirti?
SM_Non avevo alcun modello di riferimento dato che una rivista di questo tipo non esisteva nè in Italia nè all'estero. Ho cercato quindi di ragionare partendo dal punto di vista dell'uomo e di come le due ruote siano parte della sua vita quotidiana. La prima analisi è stata di valutare quale fosse il mood generale da dare alle immagini.
Bisognava impostare i servizi in modo un po' più ruvido rispetto ad un mensile generalista e ho quindi cercato una linea che fosse concettualmente unitaria per tutti i servizi.
Ciò che è stato più duro (e lo è tuttora) è sviluppare le immagini delle “prove moto” e proprio per questo la scelta stilistica e di linguaggio è stata quella di optare per fotografi non specializzati nel settore moto.
Questo permette di interpretare le due ruote in diversi modi: Alcune volte come una modella, altre come un oggetto da disegnare con la luce, altre volte attraverso l'uso di illustrazioni.
Mi piace in linea generale che i servizi fotografici facciano vivere delle emozioni e delle sensazioni al lettore e che questi non siano prettamente delle rappresentazioni visive - magari ben fatte - ma senza molto sentimento.
TT_Ti telefona un giovane fotografo per chiederti un appuntamento...Cosa speri di vedere? e cosa invece non ti interessa vedere?
SM_La visione dei portfolios dei fotografi è una parte molto stimolante ed emozionante del mio lavoro ma, non lo nego, da qualche tempo nel mondo della fotografia editoriale ( non parlo di fotografia d'arte) vedo un grande appiattimento e ciò che più mi stupisce è come questo arrivi proprio da quelle che dovrebbero essere le nuove menti della fotografia. Ciò che vedo è un uso smodato della post produzione che cerca di salvare foto che non hanno niente per poter essere salvate. Infatti andrebbero semplicemente buttate. Non vedo e non percepisco dai fotografi delle idee. Oggi si spacciano un po' tutti per ritrattisti ma da quello che vedo mi domando: cosa è veramente un ritratto ? Basta che il soggetto guardi in macchina ? Ovviamente no … Manca una cultura di base e questo si percepisce chiaramente nelle foto. Con i fotografi mi piace instaurare un rapporto di scambio e di interazione di idee. Quelli con i quali lavoro più frequentemente mi propongono storie da realizzare, mi parlano dei loro progetti o semplicemente mi chiedono un'opinione; non stanno fermi ad aspettare la chiamate del photo editor che gli commissiona il lavoro. Questo credo sia il modo giusto di interfacciarsi con una rivista, non restare immobili ad aspettare la chiamata...
TT_Come vedi il futuro dell’editoria e dei giornali di immagine in generale?
SM_Questa è una domanda che in realtà prevede risposte multiple: da una parte credo che, stampate su carta, resteranno solo le riviste d'alto livello visivo, mentre quello che oggi viene pubblicato su mensili o settimanali si riverserà sul web e questo porterà ad un approccio lavorativo differente sia da parte dei photo editor sia da parte dei fotografi. Non basteranno più una decina di foto buone a servizio, ma dovranno essere molte di più, ci dovrà essere una storia, un percorso e quindi l'approccio del fotografo e quello del photo editor dovrà essere di maggior respiro.
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7 commenti:
Notevoli gli spunti di riflessione e glistimoli. Grazie.
Un post di un fotografo senza immagini. Ma sei riuscito a fare un bel ritratto senza fotocamera. Non conosco Stefania Molteni, ma conosco il suo lavoro. Riders è un giornale elegante, divertente e davvero diverso, nel senso buono, da tutto quello che si era visto prima. È sicuramente vincente la formula di uscire dagli schemi, non scopiazzare gli altri, fare qualcosa di veramente diverso. Bravi.
p.s. Se poi riuscissero a sviluppare una versione per l'accrocchio del secolo (iPad) sarebbero dei veri geni!
Bhe, veramente la foto non me la caricava Blogger ieri sera, ma ora ho rimediato...non vorrei diventare davvero troppo chic...baci!
Ecco un post veramente "istruttivo". Mancava, per davvero.
Sempre piú rimarcato il fatto che la mia generazione (ho meno di 30 anni) deve passare dalle parole ai fatti, fatti basati su una vera cultura dell'arte visuale e non solo su quattro articoli letti sul web che parlano di come si inquadra una foto.
Una domanda che mi sorge spontanea: si parla del futuro, del fatto che i fotografi dovranno produrre molte piú foto usabili per le pubblicazioni elettroniche, ma questo non porterá ad un abbassamento della "forza" visuale del servizio?
Inoltre il tempo che il lettore dedica alla visione di una foto su una pubblicazione elettronica (web, smartphone, tablet...) é ridottissimo, il fatto che ce ne siano anche molte lo rende ancora minore. Come fare per far risaltare davvero il proprio lavoro? Si svaluteranno le immagini prodotte?
Non so se ancora esiste una risposta a questi quesiti considerato il fatto che ancora non viviamo questa situazione, ma mi sembra interessante ragionarci su.
toc toc... è permesso?
La questione posta da claude e dal photo editor sui nuovi mediaè molto interessante (e sfidante).
La tendenza indotta da questi media (ipod ed ipad), a mio parere, potrebbe essere invece quella quella di una esasperazione delle caratteristiche dell'immagine nel richiamare l'attenzione del "disattento" osservatore, più che puntare a una pluralità di immagini che rischierebbe di lasciarlo comunque "disattento" e magari pure "annoiato".
Nella composizione, il soggetto potrebbe divenire sempre più presente (per es. maggioranza di dettaglio, primi e primissimi piani) e potrebbero esser eliminati tutti gli aspetti di "contorno" che potevano servire a contestualizzare l'immagine.
O, al contrario, in alcuni casi, potrebbe esser esasperato l'aspetto "grafico" della composizione se la chiara riconoscibilità del soggetto della foto non sarà l'elemento richiesto.
Di conseguenza, la postproduzione probabilmente sarà ottimizzata per far leva sulle caratteristiche degli schermi.
Già nel passato ci sono stati fenomeni simili. Anch'io sono della tua generazione e, nella nostra adolescenza, abbiamo visto lentamente scomparire (relativamente) il vinile in favore del cd. Ripensavo ieri notte ad una copertina come quella di Patchanka dei ManoNegra e a come, al diminuire del formato di fruizione (copertina lp, cd, itunes), il senso dei singoli particolari si perda. Magari a rifarla ora il concept avrebbe uno sviluppo diverso e non di poco.
Dato che, almeno per i prossimi X anni vi sarà la compresenza di nuovi e vecchi media, interessante (o sfidante), per me, sarà poi capire se, in base ai media di fruizione, per esempio nel contesto di una campagna, sarà richiesta una fotografia diversa per ogni media o se verrà utilizzata la stessa, magari pensata per esser più aderente ai nuovi formati di fruizione.
Se poi in questo la Fotografia ci guadagni... beh, è un altro discorso.
Scusatemi per la prolissità.
Trovo Stefania Molteni una delle migliori photo editor del panorama italiano, e non lo dico perché adesso qua si parla di lei.
Ho avuto modo di conoscerla una sera, non so se posso dire dove e grazie a chi, e subito sono uscite fuori la sua intelligenza e simpatia.
Per quel che riguarda il futuro di noi fotografi sono molto fiducioso, come dice anche Stefania nell' intervista, resterà tagliato fuori chi é "vuoto", cosa che capita, e giustamente direi, in tutte le professioni.
Se prendiamo questa riflessione come uno stimolo il futuro sarà dei migliori.
Se la interpretiamo negativamente e con pessimismo è bene che cerchiamo un altro lavoro... Da subito!!!
@starfooker: molto interessante il tuo punto di vista. staremo a vedere come evolve, credo sia ancora un pò presto, finchè un Ipad costera 800,00 euro farà un pò fatica a diffondersi veramente, credo...
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