"From There To Now": il mio Aprilia Test Ride a Misano per Riders magazine.
10 anni dopo la mia prima volta col "ginocchio a terra"
Qualche tempo fa.
Mi sento figo mentre salgo in macchina appena uscito dalla location dove ho scattato un’ advertising di moda per un marchio parecchio cool con una testimonial molto figa, una tipa che, modestamente, solo io la so fare così figa. Il motore del SUV fa le fusa, mentre lentamente mi stacco dal marciapiede, la musica trip hop ha i bassi profondi, in sottofondo. In quel momento di IO assoluto, un signore anziano, ben vestito, mi appare al finestrino.
Non ha un’aria molto amichevole: “CRETINOOOOOOOOO” mi grida, piegato verso di me, con tutto il fiato che ha in gola: CRETINOOOOOSEIUNCRE-TI-NO!!!!!!!!, e scompare.
Io, immobile al volante, incasso. E sorrido, in fondo, liberato da un peso.
Ci sono persone che nella vita ci portano messaggi.
Li incontriamo solo per quello.
Ci dicono cose di cui tenere conto. Cose che nessun’altro dice o che nessun’altro osa dirci.
Nella mia vita è già successo. Così come entrano nella tua vita, poi escono.
Forse sono i famosi angeli, non so. Comunque, io dico che sarebbe meglio ascoltare.
10 anni fa.
Beviamo di tutto alla festa di GQ, io ed altri, e tra questi altri c’è Ungaro, allora direttore di Riders e il mitico motard Bergamaschi detto “il Bleu”; qualcuno dice: perché non facciamo qualcosa insieme? E io dico: ehi, ho appena comprato una moto, uno special Yamaha TRX 850, messa giù da corsa.
Musica a palla, ci gridiamo nelle orecchie.
Lo metti giù il ginocchio? Nooooo, dico io, so appena andarci in moto (lo dico come se in realtà non fosse vero, come fosse un modo di non voler spandere, che poi invece è uno spandere ) Ma tanto, di solito queste cose muoiono lì, come quando dici: ci sentiamo eh? E poi mai più ti senti.
Un mese dopo invece, sbarcavamo in Sardegna, con Luca Delli Carri, che avrebbe scritto il pezzo, alla guida di una mega Land Rover col carrello con su le moto poi scaricate alla pista di Mores, bellissima, Carlo Furgeri a fare le foto. Il Bleu, davanti a me, in pista con la Ducati, a tirarmi: “il cordolo è tuo amico”, mi ha detto nel box, gli ultimi raggi di un pallido sole che spariva all’orizzonte ad illuminare la mia cerimonia iniziatica del ginocchio a terra, il must di tutti i motociclisti veloci.
Quello dovevo fare. E quello, alla fine, ho fatto.
Nella vita
Sono andato a cavallo tutta la vita, ma le più belle passeggiate le ho fatte a piedi, con la cavalla che mi camminava dietro, le redini sul collo, senza mai fermarsi a brucare.
Da bambino disegnavo solo selle americane e caschi integrali. L’AGV di Agostini, col tricolore e la fascia d’oro era un sogno.
Dove abitavo, a Pioltello, un tipo del condominio aveva una Laverda 750 arancione davanti alla quale ho passato, in adorante contemplazione, gli anni dell’adolescenza.
Nei film western guardavo come Gregory Peck teneva le redini, il suo atteggiamento, con i gomiti sul pomo della sella, come teneva i piedi nelle staffe.
In moto uguale: Leggevo Motociclismo, Moto Sprint e come una spugna assorbivo le foto dei piloti in pista.
Ho imparato a suonare la batteria passando intere domeniche pomeriggio al Dancing Lunik di Cernusco fissando ipnotizzato i batteristi delle orchestre del liscio.
Guardare, per me, significa imparare.
La pista è ossessiva ripetizione di gesti, quasi autismo. E’ un luogo che contiene un meccanismo gestuale che ti ingloba, è matematica, ma è anche partitura, ritmo, è una canzone da cantare sempre uguale, una messa, un mantra, un rosario.
Sono andato a scuola: disciplina, coraggio e umiltà: in pista non puoi mentire a te stesso, e anche mentire agli altri risulta davvero difficile.
Le piste sono piene di gente che va più forte di te, ma pieno proprio.
Quando sei in piega che stai godendo e pensi, cazzo a ‘sto giro, niente, vado veramente forte, ti passa uno all’esterno, come se stesse facendo merenda, guarda il panorama.
Incredibile.
Ci sono gli stronzi, che ti fanno il pelo, ci sono i pazzi, che vanno fortissimo senza assolutamente sapere cosa fanno, gli autodidatti, che non sai mai dove metteranno le ruote, i cancelli, che finalmente puoi superare, gli odiosi, quelli che vanno come te, solo un po’ più veloci, e curva dopo curva, inesorabilmente, ti lasciano indietro.
Arghhhh che rabbia. Ma va bene. La pista è verità.
Se vuoi andare forte, devi guardare lontano.
Appesa al muro dell’ingresso in casa mia c’è una foto che in fondo è tutto quello che volevo: io, in percorrenza, con la mia moto giallo corsa, il mio casco giallo corsa, la tuta di pelle bianca, il ginocchio a terra e il gomito basso basso, la testa fuori dalla carena, più bassa del cupolino, lo sguardo alla prossima curva. Non vado forte, non vado piano. Vado in modo bello, bello per me, e questo mi basta.
Ottobre. Test Ride Aprilia.
Ciao! dico io preso bene e dinamico: ho solo bisogno di rovesciare il cambio, sai, il cambio da corsa, io uso quello, si può fare no? Eh no, dice quello, noi le moto non le tocchiamo, e poi la Tuono ha il cambio quick shift, impossibile. E’ tutto assistito, elettronico, non devi nemmeno tirare la frizione quando cambi, manco in scalata.
Io a bocca aperta.
La verità è: se pensi di cambiare, la Tuono cambia, se pensi: o’ raga, io torno a casa, lei ti accompagna su e ti mette a nanna, se sbagli due marce alla Quercia, lei scuote appena la testa e ti perdona, se ci dai del gas fuori dalla Tramonto tanto per sembrare uno che va forte, ci pensa lei a tenerti giù la ruota davanti, se no, con 175 cavalli, te la metteresti in testa come un cappello.
La mia giappo 600, senza traction, in confronto sembra un cavallo nano e cocainomane.
La Tuono è un purosangue: quando apri, le sue falcate si distendono con progressione spaventosa, le sospensioni diventano più dure, la moto si affila, si missilizza. la Tuono ti mette una mano sul culo, una sul coppino e spinge, e lì sono cazzi.
Epilogo
Misano è il deserto dei Tartari, quando esco dalla pit-lane vedo la curvatura della terra.
Questa è una pista vera, per occuparla tutta devi andare veramente forte, altrimenti navighi a vista.
Mi attacco alla Tuono come un naufrago al salvagente, non mollo e punto ai cordoli che mi appaiono all’orizzonte come miraggi: almeno sono in una curva, ma quale? Lasciamo perdere….
Sono troppo un cretino, mi dico, nella solitudine ovattata del mio casco, e mentre cerco di tenere a bada orde di assatanati a cavallo di motacce mezzosangue che cercano di farmi la pelle penso: Come cazzo ho fatto a cacciarmi in questo guaio?
Riders magazine
"From There To Now"
Written and performed by Toni Thorimbert
Photographed by Claudio Cazzara
asssisted by Jessica Angelini.
Special thanks to Silvia Tracchi.
Thanks to Elena Schiavi/ Studio Marcati.
Thanks to Dainese and AGV for the technical equipment.
Thanks to Sebastiano Zerbo.
Click on the pictures to enlarge.
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1 commento:
Mi hai fatto sentire un pò meno cretino e più "cancello" di quello che credevo ...non cresceremo mai
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