About the experience of selfportrait.

Ero pensieroso mentre mettevo giù il telefono con Alessandro Calascibetta, direttore della moda di Max.
Mi aveva appena chiesto un autoritratto, una foto di moda fatta su di me, da me.
Bello no?
Chiunque faccia fotografie, per diletto o per mestiere, prima o poi affronta questo tema .
Nei miei workshop di ritratto è sempre stato il primo compito che davo da svolgere.
Insomma, come si fa a rivolgere altrove da se l’obbiettivo della propria macchina fotografica se la fotografia, ben prima di essere una finestra sul mondo, è lo specchio della nostra personalità e visione?.
Fedele da sempre a questo concetto mi sono, negli anni, molto spesso fotografato un pò in tutte le salse: La mia foto su Facebook è ovviamente un autoritratto, così come lo è la mia foto “ufficiale” quella che mando quando me la chiedono, per mostre o interviste.
Ma ultimamente no, non ne facevo da un pò.
Non so dire perchè, e la richiesta di Alessandro mi ha mandato un attimo nel pallone.
Come un pittore, vedevo davanti a me una grande tela bianca, e non avevo nessuna idea di come riempirla.
Dato che era anche una foto di moda mi hanno mandato dei vestiti. Conoscendomi, erano un pò da motociclista: Giacche finte però, che vergognandomi assai, ho rimandato al giornale.
Non mi piacevano proprio. Poi mi sono ricordato che la mia giacca preferita è di Costume National e me ne sono fatta mandare una nuova, bellissima.
Però foto niente: O non avevo tempo, o non avevo la macchina, o non avevo l’idea giusta. La data di consegna si avvicinava.
Preso da sconforto sono andato su intenet a vedere autoritratti di altri fotografi.
Mi sembravano tutte bellissime e giuste, ma non mi servivano a niente. erano mute per me.

Alla fine l’ho fatta, costretto dall’essere ormai arrivato all’ultimissimo momento. Avevo appena finito di scattare un servizio di moda nel mio studio, mi sono messo la giacca di Costume, ho preso un “antico” corpo Nikon dalla blindata e ho detto a Niccolò “Dai, dai, fammi ‘sta foto mentre salto” Mi è venuta così, senza troppo pensarci, come è giusto che sia, e alla fine ho scelte questo uno scatto che pubblico qui sotto, come Max lo pubblica questo mese:



Postprodotta, l’ ho mandata al giornale, ma giorni dopo, continuavo a pensare, “io questa foto l’ho già vista”
Poi mi sono ricordato: e infatti, in archivio, in fondo a cinque o sei scatole con scritto “autoritratti”, l’ho ri-trovata. Identica, in tutto. la pubblico qui sotto. E’ del 1984. E’ stata scattata quindi ventisei anni fa.



Ora che ce l’ho davanti mi ricordo molto bene anche la situazione.
Alla fine di un servizio fotografico per Linea Italiana me la scattò un assistente. Come nella foto per Max, il fondale è quello del servizio che stavo facendo, e anche se questa è in bianco e nero, fatta in banco 10x12 e pellicola Polaroid, e in mano non tengo una nikon ma il panno nero sotto il quale ci si metteva per inquadrare, la foto è veramente identica.

Se l’ho “copiata” da me stesso è stato proprio un processo inconscio.
Come mai, grazie a quale associazione di idee a ventisei anni di distanza si ri-creano due immagini così simili? Non lo so, forse non è nemmeno così importante, ma quando succede, ogni volta mi stupisco di come le immagini, le nostre immagini, quelle che ci raccontano o ci rappresentano, possano restare così, sottopelle, sopite, magari per anni e poi, risvegliarsi, e ripresentarsi, magari sotto spoglie appena diverse, a raccontarci dei nostri percorsi, degli anni che passano, di gesti sempre uguali e sempre così unici, perchè ineluttabilmente nostri.

Questo mio autoritratto, scattato per Max, insieme a quelli di Paola Agosti, Gabriele Basilico, Letizia Battaglia, Ernesto Bazan, Gianni Berengo Gardin, Piergiorgio Branzi, Romano Cagnoni, Giovanni Chiaramonte, Francesco Cito, Cesare Colombo, Mario Cresci, Mario De Biasi, Franco Fontana, Maurizio Galimberti, Giovanni Gastel, Uliano Lucas, Ferdinando Scianna, Franco Vaccari e di molti altri autori sarà esposto alla mostra:

IO MI VEDO COSI'
Autoritratti fotografici

Da Sabato 12 Giugno a Domenica 5 Settembre 2010

Centro Italiano della Fotografia d'Autore


Bibbiena (AR)

Click on the pictures to enlarge.

12 commenti:

SB ha detto...

mi consola (anche egoisticamente...) il fatto che i grandi fotografi siano persone intelligenti: anche in questo illuminante post lo hai confermato!

Giuseppe Milani ha detto...

Sono particolari del carattere che rimangono tatuati a vita, e probabilmente nemmeno dopo 40/50 anni non svaniscono.

ciao
Giuseppe

Matteo Oriani ha detto...

Hai scritto una piccola sceneggiatura per un "corto". Un piccolo gioiello, che varrebbe la pena sviluppare, un giorno. Forse da grande vorrai fare il regista? In effetti non è così lontano da quello che fai ora. E comunque: buona la prima!

Anonimo ha detto...

bellissimo post... la stimo

bye bye Maria

Alessandro Bianchi ha detto...

e facciamolo questo corto!!!
dico facciamolo perchè mi occupo anche di direzione della fotografia per film.

facciamolo ma dopo la grigliata, mi sa che volete farmi morire di fame!!!

Anonimo ha detto...

Ho letto un pezzo che mi ha fatto pensare a cio' che ha detto....

Il primo grande libro di Darwin è intitolato L’origine delle specie. «Origine», che rinvia al latino orior («provengo da…», «sorgo») corrisponde all’antico greco arché, la parola con cui, all’inizio della filosofia, Anassimandro indica il «principio» da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano.

Il suo inizio e il suo ritorno nel suo autoritratto

bye bye
Maria

Matteo Oriani ha detto...

Interessante....con questa bella interpretazione di Anonima Maria, si potrebbe tentare di spiegare perché Toni abbia scelto come feticcio il vecchio corpo Nikon per scattare la foto per Max. Nella immagine originale, Toni porta con se il telo nero.
Il telo nero serviva per vedere meglio nel vetro del banco ottico. Ci si isolava dall'ambiente esterno, si guardava la composizione capovolta nella lente di Fresnel e si ideava l'immagine che sarebbe venuta fuori. In un certo senso si guardava il futuro. La foto originale suggerisce un movimento verso qualcosa, verso il fuori dell'inquadratura e Toni si porta con se il telo come compagno di viaggio. Adesso ha la Nikon. Un testimone di quello che è stato, del passato. Vabbè.....adesso non so bene come andare avanti, mi sono incasinato!

Alessandro Bianchi ha detto...

Secondo me il telo nero del banco e la vecchia Nikon sono feticci sessuali.
Da ragazzo guardava la foto che sarà nella lente di Fresnel, guardava, come dice Matteo in avanti, ovvero alle donne più grandi di lui, tipico di quella etá.
Adesso con la vecchia Nikon guarda in dietro, é il desiderio di ragazze giovani, tipico di chi ha superato gli anta.
Vabé dai, si fa per fare 4 risate.

Anonimo ha detto...

dalla filosofia tocchiamo proprio il fondo...


Signor Bianchi "la lingua batte dove il dente duole"

bye bye anonimo Maria

Matteo Oriani ha detto...

@ Alessandro: questa non fa proprio ridere. Anzi, è di una tristezza infinita.

Alessandro Bianchi ha detto...

Lo so, ho fatto dell' ironia spicciola e volgare, tipica della mia terra, la terra di Amici Miei, di Benigni e dei maleducati, dei cinici e dei bestemmiatori. Di Dante Alighieri e la terra nella quale il Manzoni é venuto a sciacquare i panni. purtroppo adesso l' Arno é talmente inquinato che ha sporcato i panni di tutti noi toscani.
Ma é qnche la terra che ha scelto Toni, che di queste battute ne avrá sentite a milardi nei bar, dal panettiere e in ogni minuto della sua vita passata tra noi volgari.
Ho fatto per far sentire Toni a casa in pieno relax anche se starà lavorando duramente in qualche colta e raffinata città.

Se non sono riuscito nel mio intento offro la schiena alle vostre frustate.

Anonimo ha detto...

"Signor Bianchi pure sadomaso"

a proposito di battute stupide...

perdonatemi é il virus della pazzia sto ascoltando Mozart...n 23 adagio... mi ricorda un film triste che ho visto un'infinita' di volte quando ero piccola...
"Incompreso"

perdonatemi mi fa uno strano effetto
bye bye
anonimo Maria