Time flies. ( trilogia del tempo )


Nel 1992, "L'anima della ferriera".
Curato da Lanfranco Colombo, un bel volume, consolidata la formula: Diversi fotografi, ognuno, a suo modo, alle prese con una grande azienda, la "Ferriera Valsabbia".
Basilico, Radino, Gaiaschi, Soave, Giannini, Kirchner e altri.
Io avevo fatto, in bianco e nero e banco 20X25, i ritratti.
Operai, impiegati, dirigenti, Il capo Giovanbattista Brunori. Lui aveva sessant'anni all'epoca. l'anno scorso ne ha compiuti ottanta. Giacomo Bersanetti, grafico, art director, da sempre cura la loro immagine. Ha pensato ad un nuovo libro. Un regalo per il capo. E così sono tornato in Ferriera, dopo vent'anni. Il capo era sempre in gamba. Le foto a colori, gli operai tutti diversi, credo. Ora c'è qualche extracomunitario. Le facce sono più tese, un pochino. Facce di oggi. Vestiti di oggi. Sorrisi di oggi.
Il tempo è strano, in fotografia. Certo, fotografia - memoria.
Mi dà sempre una perversa vertigine, mettere vicino foto fatte a tanti anni di distanza.
I segni del tempo. Invecchiare. Certo, ma non è solo quello. Le foto rimangono mute, mi pare. Forse è una violenza. Oblitera brutalmente ciò che c'è stato nel mezzo, in tutto quel tempo. Mi sembra che finisce per sminuire le esperienze, la storia quotidiana delle persone.


Qui sotto un'altro esempio. Due foto a trent'anni di distanza. La prima a sinistra: In braccio ho Giacomo Esteva, figlio di amici, qualche mese di vita. Io, venti - e rotti - anni. La foto è del Tollini, vecchio fotografo storico a Milano. Oggi non c'è più, naturalmente. Un mesetto fa, in studio da me è passato Giaco a trovarmi. Non lo vedevo da una vita, era piccolo. Abbiamo giocato, con un certo imbarazzo da parte sua, a rifare quella foto. Buffo dettaglio: Giacomo oggi è batterista di una punk band. Io ero batterista. Sul bavero della mia giacca nella prima foto ci sono un paio di spille di gruppi punk dell'epoca: Dead Kennedys, Stiff Little Fingers. Il logo della sua maglietta discende direttamente dalle mie spille di allora.


Qui sotto, per chiudere: "Il tempo".
Era il tema che "Io Donna" aveva dato a molti fotografi di moda, qualche anno fa.
Scattai questa immagine a Lanzarote. Non so se bisogna spiegarla. Comunque volevo creare una riflessione tutta interna alla fotografia: Con un tempo d'otturazione della fotocamera molto veloce, un 2000esimo di secondo, avevo "bloccato" la caduta dell'acqua dal bicchiere, cercando così di fermarlo, il tempo.


"L'anima della Ferriera" ,1992.
"01-03-2011" ,2011 
 Art direction: Giacomo Bersanetti. 
Photographed By Toni Thorimbert. 

"Jaime and I". Photographed: Left by Tollini, 1979. Right, by Giorgio Serinelli, 2011.

"Il Tempo", 2008. 
Photographed by Toni Thorimbert.
Styled by Silvia Meneguzzo. 

Click on the pictures to enlarge.

8 commenti:

Simone ha detto...

Ciao Tony.

Che dire. E' sempre emozionante vedere questo tipo di raffronti.

Come le sorelle Brown di Nixon...

Grazie per aver condiviso.

Anonimo ha detto...

Trovo l'ultima foto stupenda, complimenti.

LM ha detto...

Che meraviglia, la foto "Il tempo"...

Gian Pietro D'Aiuto ha detto...

È proprio questo genere di confronti - una parte di questo mio intervento riguarda pure i photographers' portraits del bravissimo Matteo Oriani - che mi rende fiero di essere un fotografo. Forse perché amo la fotografia, ma credo che quanto sto per dire ben si rapporti a chiunque si trovi ad avere una macchina fotografica tra le mani, a prescindere dalla sua bravura o meno.
Chi fotografa ferma i momenti. Per sempre. L'acqua che il sig. Thorimbert ha fissato prima che cadesse per terra o, ancora, l'immagine di lui - giovanissimo - mentre tiene in braccio il piccolo bimbo.
Foto che sopravvivono a noi, a chi è stato immortalato, agli anni che passano. Penso a quella bellissima immagine dei giudici Borsellino e Falcone che sorridono divertiti e "complici" scattata più di 20 anni fa o, ancora, quella della bambina nuda ritratta da Nick Ut nel Vietnam del 1973.
Noi, le foto, i nostri ricordi, il tempo che si ferma come per magia.

Matteo Oriani ha detto...

La foto del capo Giovanbattista Brunori a sessant'anni, mi ricorda tanto quel ritratto struggentemente malinconico di Marilyn Monroe fatto da Richard  Avedon nel quale Marilyn, bellissima, elegante, pettinata e truccata per la foto, ha un momento in cui si estrania e guarda "altrove". Avedon colse quell'attimo e venne fuori un ritratto estremamente significativo. 
La foto della signora da ragazza sembra Frida Kahlo: bellissima e intensa. Il "look" attuale non ha la stessa forza.
Ma il progetto più fenomenale è quello del ritratto con Giacomo. Bellissimo, divertente e molto emozionante. Ricco di spunti e riferimenti. Mi soffermo su uno in particolare. Guardate le manone di Giacomo: rilassate e "abbandonate" in una posa forzatamente naturale cercando di copiare l'antica posa del neonato. Giacomo si è calato nella parte e ha cercato di interpretare la postura delle mani da bambino pensando che fosse giusto abbandonarle. Niente si più sbagliato! Un bambino piccolo non è per nulla abbandonato: ha i pugnetti chiusi ed è tutto un fermento con le gambette che scalpitano e i muscoletti in tensione: proprio come un batterista! Provate ad immaginare un paio di bacchette nelle mani del  bambino: ci starebbero bene, no? Buffo questo "errore di valutazione". Uno potrebbe dire: cosa ci vuole ad imitare se stessi da neonati? Ci vuole, ci vuole!

Stelassa ha detto...

Toni, tu lo sai bene che la foto dell'acqua "congelata" è bellissima, quindi non serve che te lo dica. Io che invece sono una che, purtroppo o per fortuna, si sofferma molto su quello che c'è dietro e dentro alle cose, sono rimasta particolarmente colpita da quello che hai scritto nel testo. "Oblitera brutalmente ciò che c'è stato nel mezzo, in tutto quel tempo." Vedo questo in modo particolare nel doppio ritratto di quella cui Matteo Oriani si è riferito come Frida Kahlo: un volto di carattere allora, quasi del tutto ancorato a quelle sopracciglia così "intollerabili" per l'estetica di oggi, che ora si vede letteralmente strappato via proprio quell'elemento così fortemente connotante. E allora ti vengono un sacco di domande: pensi al momento in cui si è accorta di voler modificare la propria immagine, o quando ha deciso di cambiare il verso della riga dei capelli. Il mutamento, il mentre che non c'è nell'immagine: muto, inspiegato, soltanto immaginabile. Quando le foto mi generano questo tipo di domande per me funzionano alla grande. Qui è il confronto a farle sorgere: se avessi visto solo una delle due, i pensieri sarebbero stati altri ancora.
Poi, fantastica quella di Giacomo neonato e adulto, e inevitabile notare i tuoi capelli di allora... obliterata la chioma, sei meglio oggi ;-)

Toni Thorimbert ha detto...

Grazie a tutti dei commenti. Belle riflessioni che mi hanno fatto piacere. Ci tenevo abbastanza a questo post, ma non ero molto sicuro di come sarebbe stato accolto...Grazie!

Gian Pietro D'Aiuto ha detto...

Il suo post era di indubbio interesse e molto profondo al punto da offrire una miriade di spunti riflessivi che sarebbe stato un vero peccato lasciar cadere nell'oblio. A meno che non ci fossero state cause di forza maggiore da impedirmi di intervenire, per me era praticamente... un obbligo (e un piacere).