The interview: Danilo Pasqua, the "Superstudio" manager talks about the "old good times" and pay tribute to some friends.



Qui sopra, Danilo Pasqua al suo desk.


Danilo Pasqua

Responsabile degli studi al “Superstudio 13”, Milano.

T.T: Fino dal giorno della sua apertura, nel 1983 Il Superstudio è stato da subito “lo” studio dove scattare. Puoi ricordare per noi il clima di quei tempi e raccontare chi erano le persone coinvolte allora nel progetto?

D.P: A Milano si respirava la grande ripresa economica e il “momento top” della moda. In quegli anni non esistevano studi fotografici che potevano offrire ai fotografi, alle redazioni dei giornali, alle aziende di moda e alle agenzie di pubblicità, un servizio altamente professionale. Gli studi a disposizione erano di proprietà di singoli fotografi che li noleggiavano ad altri colleghi.
Studi fotografici ben attrezzati li aveva la Edimoda,casa editrice di due importanti riviste di moda: “Donna” e “Mondo Uomo”. Qui oltre agli studi c’erano anche le redazioni di queste due testate per le quali lavoravano i più grandi fotografi italiani e internazionali che questo gruppo editoriale si contendeva con la Conde Nast.
Di notte, dopo la giornata di lavoro per i giornali venivano scattate le campagne pubblicitarie e i cataloghi di moda.
Flavio Lucchini, allora editore e fondatore di Edimoda, una sera passando per via Tortona e via Forcella notò degli spazi dismessi, fabbriche abbandonate in mezzo a degli orti, vide un cartello di un’agenzia immobiliare e immediatamente prese contatto.
Da lì al progetto passò ben poco tempo, con il fiuto del grande imprenditore, convinse la moglie Gisella Borioli, allora direttore di “Donna”, a realizzare una grande struttura che poteva ospitare una cittadella della moda, dare servizi per l’immagine e far sentire i fotografi a casa loro.
Il progetto coinvolse anche il fotografo Fabrizio Ferri, allora giovane talento, lanciato da Lucchini con i suoi giornali.
(Nel 1988 Ferri si staccò e fondò il complesso di IndustriaSuperstudio per poi chiudere nel 2005. N.d.R.)
Per seguire questo progetto e la sua gestione incaricarono proprio il sottoscritto, allora solo 23enne.
Io avevo maturato una certa esperienza come assistente fotografo freelance e lavorato con diversi fotografi internazionali quando questi venivano a Milano negli studi dell’Edimoda o della Conde Nast.
Avevo paura: ricordo che per l’emozione e il peso della responsabilità che mi veniva data mi studiai tutti i manuali di tutte le attrezzature elettroniche (nuovissime e mai utilizzate prima) per poter rispondere a tutte le problematiche che si sarebbero presentate per l’utilizzo.
Poi scelsi tre assistenti di studio, i migliori sulla piazza. Avevano esperienza da vendere e un curriculum che oggi farebbe invidia ad un bravo fotografo e cominciò l’avventura che ci avrebbe portato ad essere “lo” studio numero uno in Europa e sicuramente uno dei più importanti al mondo.

T:T: In questi ventisette anni il tuo è stato un osservatorio assolutamente privilegiato sulla fotografia. Puoi fare un piccolo elenco significativo dei fotografi-celebrities con i quali hai lavorato al “Superstudio” ?


D:P: Beh è una domanda che mi onora e mi intimidisce allo stesso tempo, non vorrei dimenticarne qualcuno, sono davvero tantissimi, e chiedo scusa a tutti quelli che non menziono.
Sono stato fortunato perché ho visto e conosciuto i più grandi fotografi di sempre.
Con molti di loro ho fatto amicizia, molti mi hanno regalato delle stampe, libri, alcuni anche delle polaroid che mi ritraggono insieme a loro e che ho incorniciato come vere opere d’arte.
Inizierei da Robert Mapplethorpe, ha lavorato solo una volta da noi, credo fosse il 1985. Grande personaggio con una personalità esemplare. Mi colpì moltissimo la sua semplicità e il suo modo, molto riservato, di presentarsi, in contrasto con l’estrosità e la durezza di alcune sue immagini.
Poi David Bailey, Arthur Elgort, Norman Parkinson, Irvin Penn, Art Kane, Bert Stern, Oliviero Toscani, Richard Avedon, Helmut Newton, Ferdinado Scianna, Elliott Erwitt, Albert Watson, Peter Lindbergh, Carlo Orsi, Giuseppe Pino, Giovanni Gastel, Douglas Kirkland, Domenique Issermann, Patrick Demarchelier, Annie Leibovitz, Giampaolo Barbieri, Sarah Moon, Herb Ritts, Bruce Weber, Steven Meisel, Toni Thorimbert ,Toni Meneguzzo, Sebastiao Salgado….per poi arrivare ai giovani di oggi, “signori” del digitale: Mert Alas & Marcus Pigott , Michelangelo Di Battista, Mario Testino, Mario Sorrenti, Inez Van Lamsweerde & Vinoodh Matadin, e moltissimi altri …..

T.T: Tra tutti i fotografi che hai conosciuto e con i quali hai lavorato ci sono alcuni che ti hanno colpito particolarmente, per via del loro carattere o del loro modo di operare?

D.P: Si, ci sono dei fotografi che mi hanno colpito per la loro semplicità e umiltà.
Irvin Penn tra tutti: era un sogno conoscerlo e avevo paura anche solo chiedergli una firma su un libro. L’ho conosciuto per la prima volta a New York nel 1984, ero lì per lavoro come assistente di Fabrizio Ferri e andai a portare le pellicole da Dougall, il leggendario laboratorio dove sviluppavano i più grandi fotografi di quell’epoca. I lavoranti erano tutti indiani e lavoravano 24 ore al giorno.
Davanti al bancone stavo spiegando al commesso come volevo sviluppare le diapositive 20x25 di Fabrizio quando entrò un uomo anziano ed esile: “ hello teacher”, gli disse il commesso.
Io non ci feci molto caso, ma quando vidi sulla busta “quel” nome, mi si gelò il sangue...avevo un nodo in gola che mi impediva di parlare.
Lui gentilmente disse al tecnico di finire con me e mi chiese da dove venivo, se ero italiano. Dopo poche parole scambiate con il Maestro lo invitai a venire al Superstudio se gli fosse capitato di passare da Milano e così fu. Qualche anno più tardi venne a lavorare da noi per un giornale americano. Si ricordava benissimo di me, e nel tempo mi ha mandato alcuni suoi libri con delle dediche fantastiche.
Oliviero Toscani, con lui ho un’amicizia che va oltre il set, Annie Leibovitz per la sua serietà e il modo con cui lavora: è davvero sorprendente vedere una donna di oltre 60anni con una capacità e una tecnica nell’uso del digitale da fare invidia ad un 20enne, ma ovviamente con la qualità delle sue immagini acquisita dall’uso dell’analogico.
Con Helmut Newton ho da subito instaurato un’amicizia e una stima indelebile.
Mi chiamava “piccolo zuccherino” per come lo viziavo quando veniva nei nostri studi.
Infine voglio ricordare Herb Ritts, lo avevo aiutato, agli inizi della sua carriera. Uno dei primi a lavorare con lui, a scoprirlo, fu Gianfranco Ferrè.
Agli inizi non aveva molta tecnica ma era un giovane fotografo pieno di entusiasmo e diventò in breve tempo una star senza mai perdere l’umiltà e il riconoscimento verso chi lo aveva aiutato.

T.T: Negli ultimi anni il Superstudio si è allargato con la creazione di Superstudio più, grandi spazi destinati al design e ad eventi di vario genere, ma di fatto, anche dopo la chiusura degli studi di “IndustriaSuperstudio”, la parte legata al noleggio per i servizi i fotografici si è ridotta molto. Puoi darci un parere sui motivi di questa tendenza?

D.P: Il Superstudio Più è nato nel 2000 quando la richiesta degli spazi per la fotografia era consolidata e avevamo sempre più richieste di spazi per eventi, Oggi è la struttura privata a Milano più importante per dimensione e offerta.
Ma è vero che dopo il 2002 il mercato del noleggio per i servizi fotografici ha avuto una sensibile flessione. Credo che ha raggiunto il picco negativo nel 2008, complice la crisi mondiale, la svalutazione del dollaro e di altre monete “importanti”. Il mercato del Superstudio è sempre stato rivolto per il 50% agli stranieri, per le loro produzioni in Italia.
C’è da dire che con l’ingresso del digitale ci sono meno esigenze di attrezzature e spazi. mentre si è incrementato il lavoro di post produzione e ritocco.
Mi permetto qui una considerazione personale a proposito del digitale: Questo sistema ha impoverito la fotografia per quello che questa rappresenta nell’arte.
Chi acquisterebbe oggi una stampa fotografica digitale per collezione? Ci si domanda: Ma è un originale? Una volta le immagini erano ritoccate a mano, e ogni stampa era diversa dall’altra. Oggi non è così, il fotografo è importante, ma la differenza la fa l’operatore digitale in fase di postproduzione.
Per fortuna ci sono ancora fotografi che realizzano le loro immagini come un tempo, hanno solo cambiato il supporto dove immortalare quello che vedono, ma non stravolgono quello che hanno realizzato con la macchina.
Il Superstudio oggi si è adeguato ai tempi e alle richieste, mantiene la professionalità e i servizi di un tempo con la tecnologia del futuro.

T.T: Fare l’assistente al Superstudio è stato considerato per anni il “punto di arrivo” nel percorso di apprendistato nella fotografia commerciale e specialmente di moda. E’ ancora così? e quali sono i requisiti per poter lavorare in Superstudio?


D.P: Posso confermare che per i ragazzi di un tempo arrivare al Supertudio era più di un punto di arrivo, parecchi erano già fotografi magari in provincia e certi “stranieri” erano artisti affermati nel loro paese.
Il Superstudio è sempre stato una scuola professionale e tecnica dove poter esprimere le proprie qualità, parecchi dei miei assistenti, quelli che più di altri hanno saputo cogliere e mettere a frutto gli insegnamenti e le esperienze acquisite lavorando qui a contatto con grandi fotografi, sono oggi dei fotografi affermati.
A me è sempre piaciuto scegliere l’assistente per la carica e la volontà che mi dimostra indipendentemente dalle sue conoscenze tecniche. Preferisco formare una persona come meglio credo e lo faccio in base alle osservazioni dei tantissimi fotografi che utilizzano i nostri spazi. I fotografi, quelli “veri”, ti insegnano cosa realmente serve in uno studio, quali doti e quali nozioni un bravo assistente deve avere ed è in questo modo che formo i miei ragazzi.

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4 commenti:

roberto ha detto...

bellissima intervista, mi fà piacere che questo storico "pezzo" di fotografia continui a pulsare nonostante crisi e fughe esterofile per le produzioni....

Matteo Oriani ha detto...

Non sono bravo con le date. Diciamo tanti tanti anni fa, Raffaele ed io, giovani fotografi alle prime armi, andavamo ogni tanto al Superstudio a lavorare. Ci veniva asseganto un ragazzino smilzo e semipelato che faceva l'assistente. Sembrava timido ed imbranato ma, in pochi minuti, ci siamo accorti che era una delle menti piú brillanti in circolazione. Un piccolo genio. Era Armin Linke.

Roberto Rapetti ha detto...

Danilo è davvero un gran signore, ho lavorato pochissimo al Superstudio, (ma solo perchè non mi piacciono le "megastrutture" impersonali) però tutte le volte, che anche solo ho chiesto consigli o aiuto è sempre stato cortesissimo.

Anonimo ha detto...

Danilo, un grande professionista, un grande uomo che sa essere nei momenti piu' importanti anche un grande amico.

Non penso esistano tante persone con il suo talento e professionalità nel mondo della fotografia.

La sua sensibilità e passione per la fotografia hanno fatto la differenza.

GRANDE DANILO!!